Dal processo Spartacus alla lotta alle ‘ndrine, Cafiero de Raho promosso capo della Direzione nazionale antimafia


Una nomina che unisce tutti. Dalla magistratura, ai politici sino ad arrivare alla società civile. Federico Cafiero De Raho, che s’è distinto prima come pm per le indagini contro i Casalesi e poi come procuratore capo per quelle contro la ‘ndrangheta, conquista i gradi di numero della Direzione nazionale antimafia di Napoli, subentrando al collega – stimatissimo pure lui – Franco Roberti ormai prossimo alla pensione. Il plenum del Consiglio superiore della magistratura l’ha votato all’unanimità, dopo che il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato aveva ritirato la propria candidatura.

Le inchieste sui Casalesi
e il maxi-processo Spartacus

Napoletano, 65 anni, appassionato di calcio («è un’ottima ala destra», raccontano i colleghi che hanno giocato con lui) il nuovo procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho è molto legato alla sua città di origine. Nel capoluogo campano ha lavorato come pm per 22 anni, prima (dal 1984) come sostituto, poi (dal 2006) come procuratore aggiunto. E in quegli anni ha fatto parte anche della Direzione distrettuale antimafia.
Sono di questo periodo le sue inchieste contro la camorra e, in particolare, contro il clan dei Casalesi. Il suo nome è legato soprattutto al processo ‘Spartacus’, scaturito dalle dichiarazioni del primo vero collaboratore di giustizia dei casalesi, Carmine Schiavone, e ritenuto dagli addetti ai lavori equivalente per importanza al primo maxiprocesso a Cosa Nostra.
Si concluse con centinaia di condanne, portò all’azzeramento della cupola del clan e permise di ricostruire l’organigramma completo dei sodalizi criminali, rivelando anche i loro rapporti con imprenditori e amministratori locali. Una pietra miliare anche per chi poi ha proseguito le indagini contro la camorra nel solco di quel processo. Non è un caso che da quella esperienza sia nato un gruppo affiatato di colleghi: si sono dati il nome di 3615, il numero del processo Spartacus e tutti gli anni si ritrovano insieme per una cena a Natale. Attorno al tavolo de Raho, i colleghi del processo e le leve successive: Lucio Di Pietro e Francesco Curcio, il procuratore antimafia uscente Franco Roberti e il consigliere del Csm Antonello Ardituro.

La lotta alle ‘ndrine
da capo dei pm a Reggio Calabria

Passato nel 2013 al vertice della procura di Reggio Calabria, de Raho ha dato impulso alla cattura di latitanti di ‘ndrangheta, alcuni dei quali erano ricercati da circa 20 anni, e all’aggressione al patrimonio delle ‘ndrine. Sotto la sua gestione, nel 2015 sono stati acquisiti 13 collaboratori di giustizia e 2 testimoni, un dato significativo in un territorio governato dall’omertà.
Poco dopo il suo arrivo alla guida dell’ufficio calabrese, Cafiero de Raho ha dato luce verde all’esecuzione dell’inchiesta Breakfast, che ha portato all’arresto dell’ex ministro dell’Interno, Claudio Scajola, oggi imputato con l’accusa di aver agevolato la latitanza dell’ex parlamentare di Forza Italia, Amedeo Matacena, e di averlo aiutato ad occultare il suo immenso patrimonio. L’ex ministro non è stato l’unico politico a finire in manette. Sempre sotto la “gestione de Raho” è stata eseguita l’operazione Rimborsopoli, che di fronte ai giudici ha fatto finire più di venti tra consiglieri ed ex consiglieri personali, con l’accusa di aver gestito in modo molto personale i fondi destinati ai gruppi. Un’indagine che ha fatto rumore, come quelle che non solo hanno permesso di svelare la direzione strategica “invisibile” della ‘ndrangheta, ma anche lo storico coordinamento fra i vertici di tutte le mafie. In sinergia con la Dna che adesso andrà a dirigere, Cafiero de Raho ha coordinato e vistato l’indagine che ha svelato come anche la ‘ndrangheta abbia partecipato alla strategia della tensione con cui le mafie negli anni Novanta hanno tentato di imporre i propri interlocutori politici alla guida del Paese. Dall’inchiesta, che ha fatto finire a processo il boss calabrese Rocco Filippone e il capo del mandamento di Brancaccio (Palermo) Giuseppe Graviano, è emerso infatti che gli agguati, fra il 93 e il 94 costati la vita ai brigadieri Fava e Garofalo e il ferimento di altri quattro carabinieri, altro non erano che la tappa calabrese degli “attentati continentali”. Un tassello investigativo importante, divenuto necessaria premessa per inchieste anche di altre procure, come quella recentemente aperta dall’Ufficio di Firenze, che ha iscritto sul registro degli indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri in relazione all’attentato di via dei Georgofili.

Terrorismo e mafia,
le altre inchieste di Cafiero de Raho

Nel corso della sua carriera, Cafiero de Raho non si è occupato solo di camorra e ‘ndrangheta, ma ha indagato anche su Cosa Nostra, in particolare sul cassiere della mafia Pippo Calò in relazione all’omicidio del fratello del giudice Imposimato, e sui legami delle cosche con la ‘ndrangheta.
Cafiero de Raho si è occupato pure di terrorismo interno (agli esordi della sua carriera a Milano seguì le indagini successive all’omicidio Alessandrini) e a Reggio Calabria è l’esclusivo titolare delle indagini sul terrorismo internazionale.

giovedì, 9 Novembre 2017 - 18:33
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