Castellammare, aveva droga in casa Condannato Luciano Verdoliva: è il fratello del defunto boss dei D’Alessandro

Tribunale Giustizia
di Dario Striano

Arrestato e condannato nel giro di 24 ore. Luciano Verdoliva, fratello del defunto boss del clan D’Alessandro Giuseppe detto Peppe l’autista, è stato fermato nella giornata di martedì per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, reato per il quale stamattina è stato processato per direttissima ed è stato condannato.
Il 65enne Luciano Verdoliva è stato arrestato a seguito di una perquisizione nella sua abitazione a Castellammare di Stabia, dove peraltro si trovava detenuto in regime di arresti domiciliari per una vicenda di armi per la quale è stato già condannato: i carabinieri della locale compagnia lo hanno trovato in possesso di 35 grammi di marijuana. Per questi fatti Verdoliva è stato giudicato colpevole ed è stato condannato ad un anno e sei mesi di reclusione. La sentenza è stata emessa in mattinata dal giudice monocratico del tribunale di Torre Annunziata, Emanuele Cozzitorto.

L’arresto dei carabinieri
L’arresto di Verdoliva è avvenuto l’altro ieri a Castellammare di Stabia, dopo l’irruzione dei militari nella sua abitazione nel rione Scanzano, la storica roccaforte del clan D’Alessandro. Circostanza ricostruita in aula dal maresciallo dell’Arma che ha partecipato all’operazione. «A seguito di una soffiata anonima – ha detto il militare – avevamo provato ad effettuare un appostamento nel rione, cosa che ci è risultata assai difficile, così abbiamo optato per entrare nell’abitazione del pregiudicato che ci ha accolto alla porta. Alle nostra domanda se avesse armi e droga in casa ci ha indicato che in un cassetto avremmo trovato della marjuana. Ed effettivamente in quel cassetto abbiamo trovato la sostanza stupefacente, dal peso di 35 grammi, in una sola bustina ma divisa in più grumi. In un’altra stanza abbiamo poi trovato un bilancino di precisione e 130 euro in contanti. Dettagli che ci inducono ad ipotizzare ad un’attività di spaccio in casa nonostante la pena ai domiciliari».

La tesi difensiva
Luciano Verdoliva, scegliendo di rispondere alle domande del giudice Cozzitorto, ha anche provato a giustificare la presenza della droga in casa dichiarando di aver usato la marjuana, consegnatagli da un ragazzino di Ercolano, a scopo personale. «Sono solito fumarmi marjuana in serata – ha detto il pregiudicato – Anche il bilancino di precisione era per uso personale. Per conteggiare la sostanza stupefacente da utilizzare. Non ho mai spacciato droga. Al momento della venuta dei carabinieri, avevo anche la porta aperta e ho indicato subito che conservavo l’erba in un cassetto». Anche l’avvocato Antonio Di Martino, legale di Verdoliva, ha provocato a calvare la tesi del consumo di marijuana a scopo personale, chiedendo pertanto l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste. «Il clan D’Alessandro non spaccia droga – ha detto in sede di discussione l’avvocato – L’ultima condanna al clan D’Alessandro per traffico di droga risale al 1996. Anche il mio assistito, che vanta un curriculum criminale di tutto rispetto, non ha mai avuto precedenti per droga. Da qualche tempo ha preso a fumare marjuana di sera e mi sembra paradossale che in una base di spaccio all’interno di una roccaforte di un clan i carabinieri possano entrare a casa di uno spacciatore trovando la porta aperta e senza incontrare alcuna sentinella». Tesi che non è riuscita ad evitare la sentenza di condanna. Le motivazioni della sentenza saranno emesse tra 90 giorni.

giovedì, 8 Marzo 2018 - 16:56
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