Contratto di governo sulla Giustizia,
i penalisti già sulle barricate:
«Licenza di uccidere e celle affollate»

di Andrea Terracciano

Il Ministro della Giustizia ancora non c’è. L’unico parametro sul quale valutare ciò che sarà, almeno nelle intenzioni, è il programma di governo. Tanto basta ai penalisti per alzare le barricate di fronte all’avanzata del futuro governo Lega-5Stelle. Che l’azione politica dei gialloverdi sarebbe  stata improntata su una traccia precisa, non è una sorpresa.
Bastava intercettare ciò che si era già prospettato in campagna elettorale, dalla ‘tolleranza zero’ ai nuovi slogan. Tuttavia le proposte avanzate su legitima difesa e  centralità della carcerazione, messe nero su bianco, creano più di qualche preoccupazione. Anche un organismo storicamente lontano dai partiti e trasversale come la  Giunta delle Unione Camere Penali, è entrato a gamba tesa nel dibattito seguito al programma di governo con un lungo documento: 5 punti per criticare prospettive che per gli avvocati appaiono inquinate da «un approccio ideologico ed un programma che aprono inquietanti scenari di involuzione, e che l’avvocatura si impegna sin da ora a contrastare in difesa delle garanzie e delle libertà di tutti i cittadini e dei valori del giusto processo». Il tema della giustizia nel contratto di governo diventa argomento caldo, soprattutto perchè lascia intendere già come potrebbe muoversi il futuro esecutivo su questioni molto delicate come affollamento delle carceri e legittima difesa: «L’approccio metodologico – scrive l’Ucp – risponde ad una logica puramente demagogica e di risposta alle spinte giustizialiste che sono state in questi ultimi anni oggetto di propaganda da parte delle forze populiste». I penalisti parlano di conclusioni totalmente arbitrarie e fuorvianti che possono condurre a  soluzioni pericolosamente ingenue: «Immaginare un maggiore ricorso alla ‘carcerazione preventiva’ significa dimenticare che la percentuale dei detenuti presenti nelle nostre carceri in attesa di giudizio (ben oltre il 30% di media) supera di gran lunga le percentuali degli altri paesi europei (22 %)». La giustizia in salsa gialloverde rischia però di stravolgere anche le modalità del processo penale, come si evince dal secondo punto del documento. «La riforma dell’istituto del giudizio abbreviato per  i reati più gravi risponde anch’essa ad una intenzione puramente propagandistica: i più gravi fatti di omicidio vengono comunque puniti con l’ergastolo, mentre una indiscriminata soppressione del rito abbreviato imporrebbe un impegno delle Corti d’Assise  e costi economici e sociali altissimi». Il timore dei penalisti però non è solamente legato a ciò che avviene nelle aule dei tribunali. In campagna elettorale le due forze che si apprestano a formare il governo hanno pigiato l’acceleratore sul tema della sicurezza. I timori di un far west ‘legalizzato’ tra i penalisti sono molto forti («Una inaccettabile ‘licenza di uccidere»), così come quelli connessi alla riduzione delle misure alternative: «La barbara prospettiva ‘carcerocentrica’ e il dichiarato intento di operare una ‘rivisitazione sistematica e organica di tutte le misure premiali’  all’interno di una filosofia della pena del tutto antiquata, ed in sé contraria allo stesso postulato costituzionale».

martedì, 22 Maggio 2018 - 08:30
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