Prescrizione infinita e Daspo ai corrotti Ecco la ricetta di Bonafede per la Giustizia

Alfonso Bonafede
Alfonso Bonafede, il ministro della Giustizia
di Manuela Galletta

Le carceri ancora troppo piene, i processi sempre troppo lunghi, il nodo intercettazioni e la questione prescrizione. La Giustizia ha un nuovo ministro e sempre gli stessi problemi. Alfonso Bonafade, natali di Mazara del Vallo, sorride alle telecamere mentre sciorina la ricetta, tutta made Cinque Stelle, per «cambiare il Paese» cominciando da uno dei settori portanti per il funzionamento di una società civile. E’ il primo marzo, piena campagna elettorale, quando l’allora aspirante premier Luigi Di Maio presenta Bonafede come candidato alla successione di Andrea Orlando. Natali siciliani (è di Mazara del Vallo), laurea di Giurisprudenza in tasca e un’attività di avvocato avviata a Firenze, Bonafede riassume in pochi minuti i punti centrali dell’idea di cambiamento grillina. Un’idea che poche settimane fa, a urne ormai chiuse da un pezzo, Lega e grillini fermano nel famoso contratto di Governo,  prima della bufera del caso Savona risoltasi dopo giorni di passione, teatrini e tensione.
Bonafade, il secondo avvocato siciliano della storia più recente della Repubblica (gli ultimi dieci anni) a salire a via Arenula (il primo è stato Angelino Alfano), quel programma adesso promette di rispettarlo. Tra le critiche e lo scetticismo degli avvocati mezza Italia, le preoccupazioni dei magistrati e la fiducia, invece, di larga fetta della popolazione che nelle parole, sempre troppo abusate, «certezza della pena» e «basta processi troppo lunghi» ci ha sempre creduto, salvo poi rimanere puntualmente delusa. I processi in Italia si muovono alla velocità di una formica: lo dicono i numeri, e pure le numerose sentenze di condanna che piovono dalla Corte europea. Per non parlare delle carceri e della questione del sovraffollamento, cui il Pd ha provato a trovare soluzione anche se la questione resta irrisolta. E’ su questi punti che Bonafede, ossia i grillini, hanno scommesso la loro credibilità. E, a giudicare dai loro sorrisi, il nuovo Governo giallo-verde pensa di poter davvero centrare l’obiettivo. Cominciando da un punto, la lotta alla corruzione. La lotta ai politici corrotti, battaglia di etica e di rigore. I grillini chiedono il «Daspo», rispolverando la forte immagine lanciata per primo da Matteo Renzi nel giugno 2014 da Bruxelles. Renzi diceva all’epoca: «Personalmente un politico che viene indagato per corruzione lo indagherei per alto tradimento perché chi prende delle tangenti tradisce il mandato, l’onore sul quale aveva giurato». Bonafade, invece, dice oggi: «Se hai accettato o pagato una tangente non avrai più a che fare con la pubblica amministrazioni», dice Bonafede. Poi c’è la questione dei processi sempre troppo lunghi, che (troppo spesso) si traducono in una giustizia negata per le vittime e nella prescrizione per gli imputati. La ricetta grillina è articolata, e pure un po’ contraddittoria: «Il sistema della Giustizia ha bisogno di nuovi e importanti investimenti per potenziare gli organici allo scopo che i processi possano iniziare e concludersi in tempi rapidi nel pieno rispetto del diritto delle parti, dell’imputato e della persona offesa del reato», è la spiegazione di Bonafede. Non fa una piega sul piano teorico. Su quello pratico bisognerà capire quali e quante saranno le risorse economiche a disposizione per nuove assunzioni, e dunque nuovi stipendi. Quante persone, tra magistrati e personale amministrativo, sono necessarie per aiutare i Palazzi di Giustizia più in difficoltà e da sempre sottodimensionati rispetto al carico di lavoro. Poi c’è il tema prescrizione e qui il concetto di «rispetto dell’imputato» si va a far benedire. Il Governo Pd sul punto è già intervenuto, con una legge che ha mandato su tutte le furie gli avvocati: la prescrizione viene sospesa per un periodo massimo di 18 mesi sia dopo la condanna in primo grado sia dopo la condanna in appello. In pratica un imputato resta sulla graticola 36 mesi in più. I grillini promettono ancora peggio: «Prescrizione già a decorrere dalla dichiarazione di rinvio a giudizio. Senza se e senza ma, perché non c’è nessuna ragionevolezza nel fatto che un processo si interrompe perché è caduto in prescrizione. Con la prescrizione che annulla anni di indagini e una richiesta di giustizia, la persona offesa dal reato perde ogni fiducia in uno Stato che si dimostra incapace di dimostrare se un imputato è innocente e colpevole». Belle parole, ma sul piano concreto l’idea grillina farà saltare l’unico serio argine alla lunghezza eterna di un processo. Col risultato che anche un imputato innocente potrebbe non riuscire a vedere mai la fine del suo ingiusto calvario.
Altro punto: le carceri. Quelle che sono state al centro di un tentativo di (coraggiosa) riforma, poi abortito, del Partito Democratico. Quelle che, nelle intenzioni del Governo Renzi (sacrificate alla vigilia delle Politiche per timore di perdere voti, sarebbero dovute tornare ad essere un luogo di rieducazione oltre che di punizione. «Chi sbaglia paga», dice Bonafede, interpretando la diffusa convinzione – dovuta anche alla scarsissima conoscenza delle regole di procedura penale che prevedono, tante per dirne qualcuna, la libertà anticipata, gli sconti di pena per i riti abbreviati – che in Italia nessuno di quelli condannati paghi per intero la propria pena. Per Alfonso Bonafede la vera sfida comincia adesso.

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sabato, 2 Giugno 2018 - 19:21
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