‘Povero’ Sud, stipendi bassissimi
Il gap incolmabile Milano-Napoli

di Danio Gaeta

Non esiste statistica, rapporto o ricerca che non evidenzi le difficoltà del Sud Italia nei confronti del Nord. Il Bel Paese viaggia a due velocità: in termini di servizi sanitari, occupazione giovanile, qualità della vita e istruzione. L’ultimo rapporto Istat sul ‘Benessere equo e sostenibile’ ha evidenziato l’ennesima differenza: al Nord si guadagna molto di più e per più tempo.
Numeri alla mano, le province del Nord, in particolare del Nord-Ovest, detengono il primato delle più alte retribuzioni medie annue dei lavoratori dipendenti. Nel 2016 il reddito medio di un lavoratore dipendente è stato di circa 24.400 euro contro i 16.100 euro di un lavoratore del Mezzogiorno, con una differenza di oltre 8mila euro annui. I dati, come detto sono stati eleborati su le retribuzioni medie del 2016, ma gli esperti che già stanno lavorando a quelli del 2017 e del 2018, confermano come il trend sia lo stesso. In tutti i casi le retribuzioni medie annue sono cresciute costantemente negli anni, con velocità diverse: +11,4% al Nord, +3,4% nel Mezzogiorno; il divario iniziale, che nel 2009 misurava 6.300 euro a vantaggio del Nord sul Mezzogiorno, si è notevolmente accentuato. Il reddito da lavoro dipendente a Milano è circa due volte e mezzo quello della provincia più svantaggiata, Vibo Valentia. Le prime 22 province in termini di reddito sono tutte del Nord, salvo Roma, che è terza in Italia con 23.300 euro circa, dopo Milano (29.600 euro circa) e Bologna (25.600 euro circa); in coda tutte le province di Calabria e Campania tranne Napoli; Foggia e Lecce; Matera; Trapani, Messina, Agrigento, Enna e Ragusa; Sassari e Nuoro. Il Centro si connota per una maggiore eterogeneità sia nei tassi di occupazione sia nella mancata partecipazione. Le differenze sono dovute alla distanza tra le province toscane di Pisa, Siena, Arezzo e Firenze, che entrano nel primo 20% della distribuzione nazionale, e le province del Lazio (al netto di Roma). In questi territori il livello della mancata partecipazione al lavoro varia tra 12-13% delle province toscane citate e valori ben piu’ ampi per le laziali (ultima Frosinone con il 30%). Il profilo delle province laziali appare molto piu’ vicino a quello delle province del Sud che non al Centro Italia. L’eterogeneità cresce tra province e città metropolitane del Sud e delle Isole. Si discostano da un quadro generalmente più depresso le province abruzzesi, L’Aquila, Teramo e Chieti, vicine alla media nazionale. Tra le aree piu’ critiche del Mezzogiorno: Napoli e Caserta, Foggia, Barletta-Andria-Trani, Brindisi e Lecce, tutte le province calabresi e tutte le siciliane (tranne Ragusa), oltre che Medio Campidano e Ogliastra in Sardegna. Questi dati, che disegnano ancora una volta un’Italia spaccata in due (eccetto qualche caso isolato) arrivano proprio nel momento il cui il Governo del premier Giuseppe Conte ha ufficializzato la nascita del ministero del Sud guidato dal ministro ‘senza portafogli’ Barbara Lezzi, espressione del Movimento 5 Stelle. Una delle mission di questo misterioso ministero – stando a indiscrezioni filtrate da ambienti grillini, è proprio quella di avvicinare il Sud Italia nuovamente al Nord.
L’obiettivo è ridurre le divergenze, far crescere il Pil del Mezzogiorno e garantire una maggiore occupazione. Come avverrà tutto ciò? Riuscendo a intercettare i fondi europei, spiegano dal Governo. Una sfida non da poco anche perché nell’ultimo Bilancio europeo Junker ha annunciato di aver tagliato – per il settennio 2020-2027 – i finanziamenti per le regioni del Sud Italia del 7 per cento. Una decisione che ha già creato il malcontento dei governatori.

sabato, 16 Giugno 2018 - 12:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA