Famiglia morta nella Solfatara, rischio frane e gas pericolosi nell’area visitatori: relazioni choc sul sito e nuova perizia

Solfatara
di Manuela Galletta

Strutture turistico-ricettive e sportive costruite non lontano da un’area dove i gas si sprigionano di continuo dal sottosuolo: un camping, un campo di calcetto e una piscina Visitatori che percorrono zone dove le pareti sovrastanti sono interessate da un rischio frane più che concreto, come prova anche qualche episodio di caduta massi. E poi ancora: terreni interessati da micro-fratture che ad ogni rovescio d’acqua possono allargarsi a dismisura e diventare voragini. Per finire aree aperte ai visitatori e ai lavoratori dove la concentrazione di gas è altissima, tanto da spingere degli esperti a ritenere che l’esposizione non può superare i 60 minuti.
E’ una fotografia da possibile scenario apocalittico quello che il pubblico ministero Anna Frasca descrive riferendosi alla Solfatara di Pozzuoli nell’atto d’accusa sulla morte del piccolo Lorenzo Carrer, 13 anni appena, e dei suoi genitori, rimasti uccisi il 12 settembre dello scorso anno durante una visita al cratere attivo. L’area della zona fangaia, dove Lorenzo si era addentrato per scattare una fotografia prima di restare inghiottito da una voragine apertasi sotto i suoi piedi, era ed è una zona a rischio. Una zona – che è quella peraltro visitabile – ad elevato «pericolosità di crollo». E per diverse ragioni: «L’area è interessa da continui microsismi che, in un contesto normale, non sono di particolare rilevanza, ma nell’area del cratere del Vulcano Solfatara hanno importanza in quanto tutto la zona è oggetto di continui stress strutturali (micro fratture), ai quali si aggiunge le circolazione del gas in pressione dal sottosuolo che modificano continuamente la morfologia della superficie e del primo sottosuolo. Quindi al rischio vulcanico e strutturale si aggiunge anche il rischio geomorfologica da correlare anche al rischio frane», scrive il magistrato. Le considerazioni del pm poggiano sulle conclusioni dei professori Balestri e Boccia incaricati dalla procura di stabilire le cause dell’apertura della voragine in cui sprofondò il piccolo Lorenzo Carrer e nel quale provarono a lanciarsi i suoi genitori nel vano tentativo di salvargli la vita; di mappare le criticità della zona; e di capire se i problemi che avevano portato al collasso del suolo erano in qualche modo scongiurabili. Ebbene, dal dossier emergono dati drammatici: il sito gestito si trovava all’interno di un cratere in area «con rilascio in atmosfera di gas vulcanici tra cui il solfuro di idrogeno, gas definito come altamente infiammabile e le tale se inalato», eppure era aperto al pubblico. Non a caso quando il padre e la madre di Lorenzo si lanciarono per cercare di salvare il bambino, persero entrambi i sensi: rimasero uccisi proprio dai gas. Ancora: le piccole voragini che di volta in volta si aprivano venivano semplicemente colmate con il materiale prelevato dal sito stesso. Alla buona, insomma. Ma c’è di più: uno dei consulenti della procura ha rilevato un grado di inquinamento da gas nell’aria altissimo proprio nell’area dei visitatori, affermando che il rischio di effetti gravi sulla salute è elevato se il tempo di permanenza supera i 60 minuti. Ragion per cui sarebbe stata «fondamentale la presenza di numerosi presidi di soccorso (attrezzature e personale qualificato) all’interno dell’area in visita in modo da consentire un soccorso immediato dai malcapitati». Invece non solo i presìdi sono assenti, ma l’unico varco di ingresso alla Solfatara risulta inaccessibile ai mezzi di soccorso. Morale della storia: a dire del consulente…. (L’articolo prosegue nell’edizione di oggi del quotidiano digitale, accessibile a pagamento. Per acquistare il giornale basta accedere alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’. Per la singola copia contattare la redazione all’indirizzo mail: redazione@giustizianews24.it)  

martedì, 24 Luglio 2018 - 09:34
© RIPRODUZIONE RISERVATA