Truffa alle assicurazioni a Napoli, 180 euro ai finti testimoni. E l’esercito dei 18 avvocati sottoposti ai domiciliari | I nomi

Toghe
di Manuela Galletta

Sette ordinanze di custodia cautelare in carcere, 18 avvocati sottoposti agli arresti domiciliari. E poi 24 finiti testimoni, pagati circa 180 euro per ogni deposizione tarocco. E 2200 procedimenti già iscritti a ruolo ma ‘truccati’, inventati. Sono i numeri dell’inchiesta sulle truffe alle compagnie assicurative che questa mattina ha scosso il mondo della Giustizia di Napoli. 
Le indagini, condotte dal corpo di Polizia Municipale di Napoli e coordinate dalla procura della Repubblica di Napoli (pm Stefano Capuano, Alessandra Converso e Salvatore Prisco), si sono focalizzate su un unico anno di indagine (ma sono destinate ad estendersi) ed hanno messo a nudo l’esistenza di un’organizzazione raffinata in grado di ‘inventare’ incidenti, e procurare un esercito di falsi testimoni che in cambio di soldi ha giurato il falso in Tribunale (180 euro la cifra corrisposta ai finti testimoni). Il quartiere di Fuorigrotta era il bacino dove l’organizzazione reclutava i finti testimoni. L’inchiesta è nata grazie alla denuncia del Consiglio dell’Ordine di Napoli.

Le ordinanze in carcere
Nel dettaglio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata a Umberto Cocozza (classe 1991), residente a Forio d’Ischia; Vincenzo Cocozza (1972), residente a Forio d’Ischia; Raffaele Cardamone (1970), residente a Villaricca; Antonio Cardone (1980), residente a Fuorigrotta (Napoli); Ciro Cipolletta (1969), residente nella Sanità (zona di Napoli); Salvatore Di Vicino (1959), residente a Napoli; Marco Megna (1991), residente a Casalnuovo.

Gli avvocati sottoposti ai domiciliari
I domiciliari, invece, sono stati disposti per gli avvocati (residenti tra Napoli e provincia), che sono finiti nel mirino degli inquirenti soprattutto grazie a pezzi dell’avvocatura onesta che, dopo aver rilevato anomalie, ha consentito agli inquirenti di individuarli. La misura ha quindi riguardato: Marco Anzisi (classe 1967), residente nel quartiere San Ferdinando (Napoli); Nicola Bellanca (1967), residente a Pozzuoli; Maria Francesco Casillo (1973), residente a Terzigno; Massimo Colamarino (1971), residente a San Gennaro Vesuviano; Luca Cerino (1983), residente nel quartiere di Chiaiano; Claudio De Felice (1978), residente al Vomero; Carmela De Martino (classe 1985), residente a Bagnoli; Antonio Guerriero (1976); residente a Portici; Anna Laurenza (1982), residente a San Giorgio a Cremano; Giuseppe Maravolo (1974), residente nella zona del rione Sant’Erasmo; Vittoria Marietti (1977), residente a Fuorigrotta; Sergio Morra (classe 1946), residente nel quartiere Materdei; Caterina Orrico (1978), residente a Miano; Nicola Pollasto (1980), residente a Scampia; Alessandro Saulino (1984), residente a San Giorgio a Cremano; Alberto Carlo Sirico (1961), residente a Posillipo; Gabriele Telese (1976), residente al Vomero; Lucia Velleca (1979), residente al Vomero.

I finti testimoni, il ‘bacino’ per il reclutamento a Fuorigrotta
Altre 24 persone sono state invece sottoposte, a seconda della posizione, a misure di obbligo di dimora nel comune di residenza e contestuale obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria: questo gruppo di indagati è rappresentato dall’esercito dei falsi testimoni.

Escluso il coinvolgimento dei giudici di pace
Le indagini sono state anche orientate sui giudici di pace, allo scopo di accertare un eventuale loro coinvolgimento. Ma i controlli eseguiti hanno escluso una responsabilità di esponenti della categoria in questo maxi-raggiro. Pur tuttavia la sistematicità e l’ampiezza della truffa sta spingendo la procura e i vigili urbani a capire se l’impunità dell’organizzazione sia stata resa possibile da un problema di disfunzionalità degli uffici di giudice di pace o se invece la ‘banda’ potesse contare sulla complicità di personale amministrativo o addirittura di magistrati onorari.

La pistola sequestrata e il tariffario, e i pc con le prove del raggiro
Nel corso delle indagini sono state eseguite anche numerose perquisizioni, che hanno consentito il ritrovamento di una pistola con matricola abrasa. Non solo: la scoperta più importante ai fini delle indagini è avvenuta grazie al sequestro di due computer all’interno dei quali sono state rinvenute prove della truffa.
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mercoledì, 17 Ottobre 2018 - 15:35
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