Congresso dei penalisti, Luigi Riello: «I magistrati hanno fatto errori. La politica smetta di delegare al processo penale»

Luigi Riello, procuratore generale di Napoli
di Manuela Galletta

Un plauso all’avvocatura e una dura critica rivolta ad una certa fetta di magistrati. Il XVII Congresso dell’Unione delle Camere penali italiani che si sta svolgendo a Sorrento e che si concluderà domenica con l’elezione del nuovo presidente dell’Ucpi diventa occasione per i magistrati anche di una sentita autocritica verso il mondo di giudici e pm.
E’ Luigi Riello, procuratore generale di Napoli, a compiere la delicata analisi, che riscuote applausi dalla nutritissima platea composta per larghissima parte da penalisti. «Avete parlato di populismi politici – dice Riello riferendosi anche al ‘tema’ scelto del Congresso – Parlate anche di populismi giudiziari, che anche ci sono stati in questo paese magari ad opera di una sparuta minoranza di magistrati che si sono assunti il ruolo autosalvifico di questo paese». Ma quella stagione, la stagione di Tagentopoli, è ormai alle spalle, e la magistratura – o almeno una parte di essa – avverte oggi l’esigenza di scrollarsi di dosso quegli «errori del passato che ci hanno fatto sentire distanti perché ci hanno fatto percepire come casta», sottolinea Riello. E, allora, in questa nuova stagione ecco che la magistratura torna a guardare il mondo degli avvocati con un occhio diverso. Non nemici, ma alleati nella difesa dei diritti e delle garanzie. Perché, per dirla con le parole usate dal presidente della Corte d’Appello di Napoli Giuseppe De Carolis Di Prossedi nel suo intervento, «sulla tutela dei diritti dobbiamo essere dalla stessa parte, avvocati e magistrati».
E la tutela dei diritti, secondo Riello, passa soprattutto attraverso un nuovo modo di guardare al processo. «Il processo penale in questi anni è stato caricato di troppe aspettative – osserva Riello – Ma i processi penali non possono essere la sede in cui si risolvono i problemi del paese, i problemi di ordine pubblico, affievolendo le garanzie. Ma se questo oggi accade è perché vi è stata una forte latitanza della politica, e la magistratura è spesso costretta ad essere protagonista a causa di una forte latitanza della politica che non affronta i fenomeni. Se la politica non si riappropria del proprio ruolo». Ecco, dunque, che Riello magistratura e avvocatura devono guardare dalla stessa parte. La parte della tutela e delle garanzie, terreno sul quale – riconosce Riello – l’avvocatura italiana si è fortemente distinta. «L’avvocatura italiana difende i diritti e le garanzie non solo nei processi, ma nell’ambito della società – dice Riello – Siete andati coraggiosamente in paesi come l’Egitto, il Pakistan, dove i diritti venivano compressi in modo grave, dove venivano arrestati avvocati, magistrati e giornalisti. E questo vi fa onore. Come magistrato e come cittadino sono orgoglioso della mia avvocatura. Solo dove vi è un’avvocatura indipendente e libera vi può essere una magistratura altrettanto libera e indipendente. E questo i magistrati non possono dimenticarlo».

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venerdì, 19 Ottobre 2018 - 16:56
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