Desirée uccisa nel covo dell’indifferenza, quando gridare all’«uomo nero» sposta l’obiettivo dai veri nodi di un orrore

Desirée Mariottini
Desirée Mariottini, la studentessa stuprata e uccisa a Roma: aveva 16 anni
di Manuela Galletta

E’ una storia triste, brutale, drammatica, quella di Desirée Mariottini. Soprattutto è una storia scivolosa. Perché si presta a facili alzate (populiste) di scudi e di rabbia contro gli immigrati; e perché abbraccia il tormento interiore, le difficoltà di una ragazzina di 16 anni che, non si ancora come, è scivolata in un inferno senza via d’uscita.

Ieri pomeriggio la polizia, con un’indagine lampo, ha arrestato tre dei presunti aguzzini di Desirée, poche ore fa anche il quarto uomo – ricercato – è finito in manette. Il caso ha voluto che gli indagati siano tutti extracomunitari: Brian Minteh (di 43 anni,) e Mamadou Gara (di 26 anni) sono senegalesi, mentre Chima Alinno (di 46 anni) è nigeriano. L’ultimo ad essere catturato è invece un 30enne del Gambia: l’hanno stanato in una baraccopoli a Foggia al cui interno sono stati trovati pure 10 chili di marijuana. Il caso ha voluto che tutti e quattro siano il perfetto identikit del cattivo ‘uomo di colore’ sul quale ormai da tempo il ministro dell’Interno Matteo Salvini sta costruendo il suo galoppante consenso.

Gara aveva un permesso di soggiorno per richiesta d’asilo scaduto ed era stato espulso con provvedimento del prefetto di Roma il 30 ottobre del 2017,  ma le maglie della Legge sul rispetto dei decreti di espulsione sono assai larghe e Gara ne ha approfittato per allontanarsi mai dalla Capitale. Il suo connazionale Minteh Brian aveva invece presentato alla questura di Roma nell’agosto del 2017 istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Una domanda, la sua, ancora ferma in Questura in attesa di integrazioni della documentazione. Il nigeriano, infine, risulta titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciato dalla questura di Roma il 14 marzo 2016 e scaduto il 13 marzo di quest’anno. Apriti cielo. Matteo Salvini in testa, e tutto il Carroccio al seguito, s’è fiondato come una belva famelica sulla preda per giustificare il suo ‘odio’ contro lo straniero e la sua ‘politica’ di respingimento dei migranti. E la stampa, indugiando nella titolazione in maniera meticolosa (forse troppo) sui dettagli della vita dei sospettati, non ha fatto altro che dare man forte alle ragioni del ministro dell’Interno. Qualcun altro, invece, non ha tardato a puntare il dito contro il sindaco Virginia Raggi, accusandola di una pessima gestione della città, come se già non bastassero le polemiche per il nubifragi e gli assalti dopo il crollo della scala mobile nella Metro A. E così, alla chiusura di una giornata difficile (emotivamente) da raccontare (quella di ieri), l’obiettivo ha perso di vista il campo della verità. Una verità che si riesce a guardare con più chiarezza se sceglie di vederla senza tonalità di colore.

Nel quartiere San Lorenzo, a Roma, c’è un palazzo abbandonato elevato a dimora di tossici e spacciatori nel silenzio, o nel disinteresse, di qualche politico. Tutti sanno, perché – diceva un detto antico – ‘il paese è del paesano’. Eppure si resta inerti. In questa bolla di indifferenza accade di tutto: accade che delle ragazzine, perse nel tunnel della droga, si rechino lì per acquistare la ‘roba’ dei pusher. E accade pure che queste ragazzine, se non hanno soldi in tasca, la ‘roba’ la comprano in altro modo: offrendo i loro corpi. La prostituzione tra le minorenni, finanche nei bagni della scuola in cambio di una manciata di banconote o di regalini, non è più, ahinoi, una novità. Né è una novità il fenomeno delle minorenni che si vendono sulle chat per acquistare borse o abiti costosi quando mamma e papà non possono permetterseli. Ci sono state disarmanti inchieste giornalistiche che hanno messo a nudo questa deriva, e fingere che questa dimensione di disagio e di disadattamento non esista è una dannosa ipocrisia. Desirée Mariottini, studentessa 16enne di Cisterna di Latina, è stata – forse – una di queste minorenni perdute. Lo dicono tra i denti gli inquirenti, chiamati al difficile compito di mettere insieme i tasselli di questa storia dell’orrore. Desirée non era una tossicodipendente, ma da diversi mesi era cambiata e da una quindicina di giorni, emerge dalle indagini, aveva preso a frequentare quell’immobile della vergogna. In quel palazzo abbandonato, Desy, non ci è finita per caso. Soprattutto non ci è finita da sola. C’è un uomo che in questi giorni complicati ha provato ad aiutare gli inquirenti: è un senegalese che si trovava nello stabile, che ha visto Desirée allontanarsi con degli spacciatori e poi l’ha ritrovata distesa a terra, immobile, con una coperta fin sopra la testa. «Ho deciso di parlare perché quella ragazzina poteva essere la mia sorellina piccola», ha spiegato. Ecco, quell’uomo dice che accanto a lei c’era un’altra ragazza. Una sua amica. Chi sia questa ragazzina non si sa. Sparita. Inghiottita dalla vergogna e dal timore di essere scoperta da mamma e papà, di dover rivelare ai propri genitori che la loro figlia modello conduce una vita oscura. Quella ragazzina è, insieme ai carnefici, la depositaria di una verità atroce che l’autopsia ha restituito quasi del tutto. Desirée è stata drogata (ma non si può sapere se sia stata forzata o se la ragazzina abbia assunto da sola gli stupefacenti, esagerando; né si sa se Desy fosse consapevole che quel mix l’avrebbe uccisa), è andata in overdose, e quando ormai era incosciente è stata stuprata. Stuprata a lungo da quei pusher carnefici, forse pure loro imbottiti di droga (non è una giustificazione, sia chiaro), che non hanno avuto pietà di quella 16enne indifesa. Poi, dopo una lunga agonia (12 ore), l’epilogo drammatico, irreversibile. La morte. Calata su quel palazzo diventato una voragine di paura molto simile, troppo, a quelle disgraziate ‘zone di non volo’ che insistono in numerose città italiane. Aree dimenticate dallo Stato, dove i criminali spadroneggiano. Bianchi o di colore. Solo un caso ha voluto che i carnefici di Desirée fossero extracomunitari e non italiani senza regole. Ecco perché strumentalizzare oggi la storia di Desirée per rafforzare la politica di odio verso il migrante sposta l’attenzione da tre reali problemi: a chi spetta il controllo della città, di un quartiere, di un isolato; a chi spetta impedire che un palazzo abbandonato diventi un covo infernale; come cambiare l’attuale sistema dei ‘decreti di espulsione’ che, è evidente, non funziona (ad eccezione dei soggetti indicati come pericolosi), consentendo al destinatario del provvedimento di continuare a restare nel Paese che deve lasciare; e soprattutto come è possibile aiutare i genitori a capire cosa brucia nei cuori e nella testa dei propri figli. Il resto è la cronaca drammatica della storia di una ragazzina morta a 16 anni per mano di uomini senza un briciolo di umanità. (Questo è uno degli approfondimenti che tutti i giorni caratterizzano il cuore del ‘quotidiano digitale’ di Giustizia News24, un giornale vero e proprio che però non ha versione cartacea ma si legge da cellulare, pc, tablet. Nel ‘quotidiano digitale’, che compensa l’informazione più ‘smart’ disponibile sul sito, troverete analisi, riflessioni, descrizioni puntuali. Per chi vuole andare oltre la notizia. Per leggerci basta accedere alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’ e abbonarsi. Un mese costa 10 euro. Provateci, e poi decidete se continuare a seguirci)

venerdì, 26 Ottobre 2018 - 18:29
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