‘Ndrangheta in Emilia Romagna, 125 condanne: sentenza di colpevolezza anche per l’ex della Juve Iaquinta e il padre

Tribunale Giustizia

«Vergogna, siete ridicoli». Vincenzo Iaquinta, ex attaccante della Juventus e della Nazionale, abbandona l’aula mentre i i giudici del Tribunale di Reggio Emilia stanno ancora leggendo la sentenza. Il suo nome è stato già ‘letto’, quello del padre pure. E il verdetto che li tocca in questo maxi-procedimento sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta a Reggio Emilia è di condanna. Netta. Pesantissima per il padre del calciatore. L’ex attaccante rimedia due anni, con la sospensione condizionale della pena, per reati relativi alle armi (caduta l’aggravante mafiosa che la procura aveva pure contestato); per lui la procura aveva chiesto 6 anni di carcere. Ma il padre Giuseppe viene condannato per concorso in associazione di stampo mafioso e rimedia 19 anni di galera. Una mazzata. Così Iaquinta se ne va via a lettura del verdetto in corso, rilasciando parole di stizza verso i giudici che si sentono in maniera distinta: «Vergogna, siete ridicoli», dice.

Ma i giudici proseguono. E, alla fine, il bilancio delle sentenza è pesantissimo: 125 condanne (148 imputati), certificata l’esistenza di una ‘ndrina radicata in Emilia e nel Mantovano (diretta emanazione della cosca Grande Aracri di Cutro, ma autonoma e indipendente da essa) come aveva teorizzato la Direzione distrettuale antimafia con l’inchiesta battezzata ‘Aemilia’. Disposte 19 condanne, mentre 4 sono stati i non luogo a procedere per prescrizione. Si conclude così il primo atto del più grande processo mai celebrato nel Nord Italia contro la ‘ndrangheta.

La sentenza per 148 imputati e’ arrivata dopo due settimane di camera di consiglio ‘blindata’ da parte del collegio giudicante composto da Cristina Beretti, Francesco Maria Caruso e Andrea Rat. La condanna più alta è stata disposta per Michele Bolognino, capozona del parmense: 20 anni di reclusione. Karima Baachaoui, cittadina marocchina infatuata della malavita, oggi latitante, è stata condannata a 21 anni e 4 mesi, mentre il fratello Moncef Baachaoui a 19 anni di reclusione. Tutte le persone sul banco degli imputati avevano scelto di affrontare il rito ordinario. Pochi giorni fa, invece, si è concluso in Cassazione il processo per quelli che avevano optato, in primo grado, per il rito abbreviato: il 24 ottobre sera gli ermellini hanno confermato, rendendole definitive, 40 condanne in Appello; annullando in toto la sentenza d’Appello per due imputati e annullando per un solo capo di imputazione la sentenza di secondo grado per altri due imputati (leggi il pezzo della Cassazione cliccando sul link)

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mercoledì, 31 Ottobre 2018 - 17:13
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