Ederoclite e la mazzata al Pd campano: «Muti e sordi, troppi errori del partito»

Tommaso Ederoclite
Tommaso Ederoclite, il presidente provinciale del Pd di Napoli
di Manuela Galletta

Il Pd sotto i minimi storici in termini di consenso. A Napoli e provincia, poi, la situazione è ancora più drammatica: i dem scivolano sotto la soglia del 15%, e vanno male, anzi malissimo, anche nei comuni guidati da sindaci espressione del partito come Portici (primo cittadino Enzo Cuomo), San Giorgio a Cremano (Giorgio Zinno), Ercolano (Ciro Buonajuto, il ‘delfino’ di Renzi), Torre Annunziata (Vincenzo Ascione) e Castellammare di Stabia (Antonio Pannullo, di recente sfiduciato e mandato a casa), giusto per citarne qualcuno.

Tommaso Ederoclite, presidente provinciale del Pd di Napoli, cosa è mancato e cosa manca a questo Pd per fare presa sull’elettorato?
Guardi, questo voto è stata una mazzata talmente forte che non può essere attribuita a determinate persone o a determinati comuni. Anche se, a dirla tutta, in alcuni comuni il problema lo abbiamo avuto.

In che senso?
A Portici dove abbiamo un sindaco del Pd è stato imposto dall’alto un candidato che è espressione dei ‘Verdi’ e i ‘Verdi’ in quel consiglio comunale stanno all’opposizione. Non è stata una scelta di buon senso.

Sta dicendo che a Portici il Pd ha remato contro se stesso?
Diciamo che questa situazione non ha aiutato di certo il candidato Pd.

Però la stessa drammatica percentuale l’avete fatta in comuni dove il candidato non era imposto dall’alto ma indicato da voi. Quindi il problema non è solo quello di un ‘golpe’ interno al partito.
Assolutamente. Le cause della batosta che abbiamo subito sono molteplici. Dobbiamo capire che uno tsunami di tale portata non è un venticello di opinione, ma è il segnale inequivocabile di ritrosia verso un certo modo di fare politica che non ha saputo soffermarsi su temi diventati centrali. Prendiamo Livorno dove c’è una tradizione di sinistra molto forte: la Lega qui è passata da uno 0,5% al 15%. Vuol dire che il discorso da fare non è politico, ma culturale. Vuol dire che ci sono problemi, temi che Lega e Movimento 5 Stelle hanno saputo intercettare meglio del Pd.

Quali temi?
La crisi della spesa pubblica, ad esempio, ha fatto sentire tutto il suo peso. E la fascia della povertà si è allargata a dismisura. La povertà oggi non racchiude più solo chi non ha un soldo, ma anche chi non ha certezze per il futuro, chi arranca, chi si deve arrangiare, i pensionati. I Cinque Stelle hanno saputo dare risposte col reddito di cittadinanza.

L’assistenzialismo, dunque, come formula magica per acchiappare voti. E’ la politica giusta?
Assolutamente no. Noi siamo sempre stati dell’idea che non dobbiamo dare soldi ai cittadini, ma dobbiamo fornire loro gli strumenti per fare reddito e farcela da soli. Purtroppo abbiamo sbagliato pensando che il Mezzogiorno fosse pronto per fare questo salto culturale.

Torniamo al reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle: non le sembra riduttivo pensare che la vittoria dei grillini stia solo nella politica di ‘aiutare’ i disoccupati? A votarli sono state anche persone del ceto medio-alto.
Il discorso è complesso: c’è una fascia povera che non abbiamo saputo ascoltare. Però dall’altro lato, come dice lei, abbiamo perso anche una fascia di elettorato più fortunata dal punto di vista economico. E questo è accaduto perché il Pd, a Napoli in particolare, ha portato all’esterno un immagine di partito arroccato, chiuso, familista e questo non ha giovato alla nostra immagine. (CONTINUA…)

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mercoledì, 7 Marzo 2018 - 10:34
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