L’intervista all’ex procuratore di Napoli pubblicata sul quotidiano in edizione digitale di giovedì 15 marzo dopo l’approfondimento sugli scandali giudiziari che nell’ultimo anno hanno travolto i giudici di mezza Italia.
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Giovandomenico Lepore è amareggiato ma non sorpreso: «Sinceramente storie di magistrati accusati di corruzione non sono nuove. Forse ore se ne stando più voce ora, ma, ahimè, c’è sempre stata. E purtroppo si tratta di storie che finiscono con l’indebolire la fiducia dei cittadini nei confronti della Giustizia».
Cinquant’anni in magistratura, Lepore ha chiuso la sua carriera in magistratura (per andare in pensione, nel dicembre del 2011) con in spalla i gradi di capo di una delle più prestigiose procure italiane, quella di Napoli. Mezzo secolo di storia e di storie da raccontare. Mezzo secolo di lavoro vissuto fianco a fianco con giudici e pm rigorosi, ma anche mezzo secolo di vicende dolorose per le ‘toghe’ di cui è venuto a conoscenza. Vicende non lontane da quelle che, in questo ultimo anno e mezzo, hanno scoperto i giudici più deboli e sensibili al richiamo delle sirene della corruzione.
Gli scandali giudiziari che interessano i magistrati che danni arrecano nel rapporto già problematico tra cittadini e Giustizia?
«Storie come queste ma anche storie come quella di Bellomo creano un danno irreparabile alla magistratura. Vede, il cittadino ha già una scarsa fiducia nella magistratura, nella giustizia perché purtroppo la Giustizia è lenta e le sentenze arrivano a distanza di anni, troppi anni. E fatti del genere non fanno altro che aumentare la distanza tra la gente e la Giustizia».
Tuttavia in questo desolante quadro, si rileva come siano tempestivi provvedimenti di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio. Provvedimenti che arrivano prima ancora di un processo.
«La capacità di reazione della magistratura è un dato positivo. Contrariamente a quello che si può pensare, i magistrati non cercano di proteggersi tra di loro. Anzi. Tra i colleghi c’è molta invidia; i magistrati non perdono occasione per togliersi il sassolino dalla scarpa verso altri colleghi. Altro che difendersi tra di loro. La difesa ad oltranza non esiste. Tuttavia può esistere, come è successo in passato, che il Consiglio superiore della magistratura si è mosso più velocemente contro alcuni anziché contro altri. Ma alla fine comunque se ci sono indizi molto forti, si interviene sempre. E prima dei processi. Cosa che invece non accade nelle altre amministrazioni, dove si prende sempre tempo».
I magistrati, dunque, reagiscono contro chi, all’interno, ne appanna l’immagine di rigore e legalità. Eppure oggi la loro immagine è offuscata. La classe politica, come dimostrato dalle ultime elezioni, non li cerca più per fare presa sull’elettorato come accaduto dagli anni di Tangenti fino a qualche tempo fa. Perché?
«Molti politici si aspettavano di poter avere un ritorno dai magistrati che si mettevano in mostra. Ma poi hanno capito che il gioco non valeva la candela».
Su questa consapevolezza dei politici può aver inciso anche il fatto che molti magistrati entrati in politica non si sono rivelati all’altezza del compito nella gestione della cosa pubblica?
«Sì, il problema è stato soprattutto questo. I magistrati che si sono dati alla politica partono dal presupposto di fare la cosa giusta, ma non si sono resi conti che la politica è una questione di accordi, di equilibri che si devono mantenere. Per come si fa oggi la politica, una persona onesta non ha che una sola via d’uscita: non fare politica».
La politica è ridotta così male?
«Oggi in politica non si salvaguardano più i principi. C’è stato un segretario di partito che si è impossessato dei soldi del partito. Ci sono senatori che in Parlamento si sputano in faccia. Di cosa dobbiamo parlare? Poi i circoli dei partiti non ci sono più. Molti colleghi hanno capito che in questo ambiente non ci possono più stare. Così da un lato abbiamo i politici che non cercano i magistrati, ma abbiamo anche molti magistrati che non si lanciano più in quest’avventura».
Però c’è qualche magistrato che invece si ostina ad andare avanti. Siamo a Napoli e non possiamo parlare di Luigi de Magistris. Che ne pensa della sua amministrazione?
«Io stimo Luigi de Magistris come uomo e come magistrato, ma come politico…. Gliel’ho anche detto… Basta vedere Napoli com’è ridotta per capire che come politico lui non è adatto. Il problema, e non mi riferisco solo a de Magistris, è che non si può diventare sindaco dall’oggi al domani solo perché si è acquistata una certa popolarità. Napoli è difficile da governare».
Lei è sempre stato contrario ai magistrati che vanno in politica. Eppure le hanno fatto delle offerte. Ma ha sempre rifiutato. Perché?
«Qualcuno mi ha invitato a mettermi in politica, ma ho detto di no perché non mi sentivo capace. Vede, non ci possiamo inventare politici dall’oggi al domani. Ognuno deve fare quello per cui è capace. C’è bisogno di grande consapevolezza».
venerdì, 16 Marzo 2018 - 19:07
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