Ponticelli, allarme bomba alla Whirlpool: l’ingegnere confessa e scoppia in lacrime Nelle minacce c’era una preghiera in arabo

Whirlpool
Lo stabilimento Whirlpool di Ponticelli
di Manuela Galletta

Quando si è trovato al cospetto del pubblico ministero antimafia Gianfranco Scarfò, l’ingegnere della Whirlpool di Ponticelli, che ha scatenato il panico con l’invio di diverse lettere che annunciavano la presenza di sette ordigni pronti ad esplodere lungo il perimetro dello stabilimento, è scoppiato a piangere. «Mi dispiace, non so che mi è preso. Volevo fare solo uno scherzo», ha detto tra le lacrime.
Uomo di mezza età e padre di famiglia, l’ingegnere ha tenuto in scacco per due giorni la grande azienda, carabinieri e artificieri, facendo pensare ad un attacco terroristico. Sì, perché le missive finite, lunedì mattina, nelle mani dei dirigenti dello stabilimento erano piene zeppe di richiami all’Islam e ai proclami di morte in nome di Allah. C’era la parte scritta in italiano, nella quale si indicava la presenza delle bombe e si avvertiva che ciascuna di esse era corredata da un particolare tipo di sensore che avrebbe innescato l’esplosione all’avvicinarsi di una persona. E poi c’era una preghiera scritta in arabo che rievocava l’Isis e Allah. Impossibile, di fronte a questi scritti, non temere il peggio e adottare le misure di sicurezza più drastiche. Ovvero, l’evacuazione della fabbrica, lo spegnimento di tutti i macchinari e la richiesta di aiuto dei carabinieri e degli artificieri. Mentre questi ultimi hanno lavorato per due giorni – lunedì e martedì – alla ricerca delle bombe, i militari dell’Arma si sono concentrati sull’autore delle missive. Lettere che erano state sia scritte a mano, sia inviate tramite email. Ed è proprio la corrispondenza elettronica ad aver tradito l’ingegnere. L’uomo, infatti, ha inoltrato le email dal computer di casa: un’ingenuità che ha consentito ai carabinieri di risalire a lui mediante l’indirizzo Ip. Il ‘fermo’ e l’interrogatorio dinanzi al pubblico ministero Gianfranco Scarfò, titolare del procedimento, sono stati passaggi inevitabili: l’ingegnere è scoppiato in lacrime quando ha realizzato la gravità del suo gesto. Un gesto che l’uomo ha definito «uno scherzo», ma che ora rischia di sfociare in pesanti conseguenze. Sul piano penale lo «scherzo» si è tradotto nelle accuse di violenza privata e procurato allarme, con tanto di aggravante della finalità terroristica che tuttavia è destinata a cadere essendo stato accertato che l’uomo non ha collegamenti con l’Isis. All’esito dell’interrogatorio, l’ingegnere è tornato a casa. La procura ha deciso di non adottare provvedimenti cautelari.

 

mercoledì, 21 Marzo 2018 - 13:35
© RIPRODUZIONE RISERVATA