C’è una scarpa da donna lasciata su uno scalino. Alle porte di un bar c’è anche un carrozzino vuoto e a pochi passi dal muretto che separa la strada dagli scogli c’è uno zainetto aperto. In lontananza una camionetta dell’esercito e una Volante della polizia. C’è uno strano silenzio sul lungomare di Napoli, rotto solo dai rumori di sedie e tavolini spostati dai camerieri dei ristoranti. Lunedì è il giorno dopo. E lo scenario sul lungomare di Napoli – uno degli angoli più suggestivi d’Italia – è brutto. Sì, perché la sera prima, tra locali pieni di gente e giovani che passeggiano, c’è stata una sparatoria. Almeno sette colpi, botte si dice a Napoli: poi il fuggi fuggi generale travolgendo tutto e tutti. Urla di giovani terrorizzati; di madri che prendono i figli neonati barricandosi nelle pizzerie; di fidanzatini che scappano a gambe levate alla ricerca di un riparo. E tra la musica di bar e locali che continua inesorabile, si sentono le prime frasi urlate da qualcuno: «Questo è un attentato terroristico». No, il terrorismo non c’entra. L’Isis, una realtà che tanto bene conoscono i francesi e i tedeschi, è un’altra cosa. L’Isis fa i morti in nome di una finta guerra di religione. E allora sul lungomare di Napoli, tra via Partenope e il Chiatamone, nel salotto buono del capoluogo, cosa è successo? Le indagini complesse sono state affidate ai carabinieri. Le piste sono sostanzialmente due: una – la più accreditata – porta direttamente al racket dei parcheggiatori abusivi; la seconda, invece, a una ‘punizione’ per uno scooter rubato a una persona sbagliata. E allora gli investigatori hanno effettuato il giro tra i locali a caccia di testimoni, sentito le prime persone e cercato gli impianti di videosorveglianza.
C’è un solo obiettivo, chiudere rapidamente il cerchio sui responsabili. Perché quello che è successo sul lungomare è una cosa grave. Gravissima. Lo sanno anche nei palazzi della politica. Quella di domenica sera non è una ‘stesa’ avvenuta in piena notte nei rioni controllati dalla criminalità organizzata. E’ qualcosa di più. E’ qualcosa di pericoloso. «La sparatoria sul lungomare deve costringere tutti noi a una riflessione seria sullo stato della città – ha detto Valeria Valente, consigliere comunale del Pd – a Napoli stiamo vivendo una vera e propria emergenza sicurezza che è anche frutto del caos amministrativo di questi 7 anni. L’assenza di regole chiare ed efficaci, unita alla mancata battaglia all’abusivismo e alle tante forme di illegalità diffuse in città e mai contrastate dall’amministrazione de Magistris, ha generato l’ennesima serata di panico e delirio nel centro della città». Non si è fatta attendere la replica del sindaco. «Questa città che è sempre più città di vita, cultura e non violenza, non può assolutamente accettare azioni di prepotenza da parte di pochi. Queste persone sono una vergogna e tutto sono tranne che napoletani», ha detto. L’episodio del lungomare non è il primo che scuote i quartieri ‘in’ del capoluogo partenopeo. La Napoli bene è stata già colpita altre volte. Come nella sparatoria del 17 novembre scorso ai baretti di Chiaia. In via Bisignano, nel cuore della movida, gruppi di ragazzini si fronteggiarono a colpi di pistola: in sei rimasero feriti. A Napoli l’Isis non c’è, ma il terrorismo sì: è la criminalità di strada, violenta e spavalda, che arriva tra la gente e fa fuoco. E’ la criminalità che può ammazzare un ragazzino, un bambino, una madre o un padre. E allora anche questo è terrorismo. Gli jihadisti partenopei non portano la barba lunga e non invocano Allah, non si sono formati sugli insegnamenti di Abu Bakr al-Baghdadi. No, i terroristi partenopei hanno sposato una sola ideologia: quella della violenza di strada. L’Isis fa i morti e i martiri. Di questo passo i terroristi napoletani faranno solo vittime innocenti. Intanto sul lungomare, mentre i camerieri dei ristoranti finiscono di sistemare tavolini e sedie in vista dell’arrivo degli avventori c’è chi passa e bisbiglia: «Questo è il lungomare liberato. Sì, dalla legalità».
martedì, 10 Aprile 2018 - 15:32
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