Via Aniello Falcone è un tappeto di bottiglie e di cartacce. Una mattina sì e l’altra pure. E’ la cartolina sporca di una società alla deriva, che non rispetta le regole e neppure gli altri. Una società che ha smarrito la rotta e ha spostato la bussola verso l’indifferenza e la strafottenza. Una società che si accartoccia su se stessa e poi crolla. Crolla sotto il peso dell’inciviltà dei comportamenti prima e dell’illegalità poi. Crolla sotto il peso della criminalità, organizzata e non, che percorre l’autostrada del disinteresse della gente perbene e della debolezza delle istituzioni per allungare i tentacoli anche in quelle zone che sino a poco tempo prima erano porti sicuri, rifugi esclusivi per i ricchi, per i benestanti. Soffre via Aniello Falcone. Piange la città di Napoli, che si scopre vulnerabile e impotente di fronte agli episodi di violenza becera di cui si fa fatica a portare il conto. La sparatoria a ridosso del lungomare in una serata affollata da turisti e cittadini è solo la punta dell’iceberg della cartolina di una società alla deriva che non si può archiviare come un quadretto unico nel suo genere riuscito male. Lì operano da sempre i parcheggiatori abusivi. Veri e professionisti dell’arte di far parcheggiare le auto davanti ai passi carrabili, ai cassonetti della spazzatura e in doppia fila. Veri e propri professionisti nel trasformare un pezzetto di strada, come quella schiacciata tra via Chiatamone e il lungomare sul quale troneggia la redazione de ‘Il Mattino’, in un’area di sosta privata anche per 30 macchine, annullando la sosta regolare disegnata dalle strisce blu che, se osservate, ospitano al massimo una decina di auto. Nessuno ha mai protestato veramente. Anzi, tutti ne hanno approfittato. Per comodità, ché a trovare un posto macchina in quelle zone è un’impresa possibile e i garage privati hanno tariffe che bucano il portafogli. Tutti parcheggiano e nessuno protesta quando si tratta di pagare la tariffa all’abusivo, ché si teme ritorsioni sull’auto o sul motorino. E, allora, è meglio girarsi dall’altra parte. Come accade nell’area a ridosso di piazza Municipio, a un tiro di schioppo dalla casa del Comune e della Questura. Ci sono foto, scattate da cittadini ‘ribelli’ che hanno immortalato finanche un’area di via Cervantes che da zona pedonale è stata elevata per mesi a parcheggio. Pochi giorni prima di Pasqua sono tornate le catene a circoscrivere il morso di strada e a ridarle dignità di passeggio. Ma sino ad allora a gestire il business sono stati gli abusivi. Quelli pagati dalla Napoli bene che affolla gli uffici che insistono in zona. Quelli pagati dai professionisti che non esitano a consegnare nelle mani dei guardamacchine le chiavi delle proprie vetture, sistemate alla buona al di fuori degli stalli regolari. E vai a capire perché, a pochi metri dal Comune, non c’è un controllo che rilevi il proliferare di vetture che per tutta la giornata sostano regolarmente in doppia fila. Napoli indifferente. A tutti i livelli. A cominciare dai cittadini per arrivare alle istituzioni, quelle che il potere di intervenire ce l’hanno eccome. Napoli assuefatta alle più svariate di forme di piccola criminalità, che nel corso degli anni è cresciuta, s’è fatta più forte e arrogante. Sino ad invadere, con la sua tracotanza e sfacciataggine, ogni piega della società. Accade così che la violenza si ripercuota all’interno degli ospedali. Dove un giorno sì e uno no si registra un’aggressione, sol perché si crede che il medico di turno sia troppo lento o non faccia il suo lavoro. Lunedì mattina l’ultimo episodio di cronaca dall’ospedale Pellegrini, con un «un infermiere vivo per miracolo» dopo un’aggressione che gli ha provocato «un trauma cranico» come denunciato da Ciro Carbone, presidente dell’ordine degli infermieri di Napoli. Ospedali come le trincee. Strade come le trincee. Dove oggi è più facile che mai imbattersi in una paranza di ragazzini annoiati e violenti che ti scaricano addosso la propria frustrazione e follia senza un perché. E’ successo al piccolo Arturo, aggredito in via Foria a dicembre: quattro ragazzini l’hanno accerchiato e colpito. Per rapina, dicono. Fatto sta che uno di loro ha impugnato un coltello e gli ha reciso la gola. Arturo è vivo per miracolo. Un miracolo che non s’è verificato agli inizi di febbraio quando Francesco Della Corte, in servizio come vigilante davanti all’ingresso della metro di Piscinola, è stato colpito a bastonate da tre ragazzini impazziti che nel cuore della notte se ne andavano in giro a fare danni senza che uno solo dei loro genitori si interrogasse su come trascorressero le loro ore. Francesco è morto, lasciando moglie e due figli. Prima ancora, a novembre, nel cuore di Chiaia s’è sfiorata la strage per un pelo: una banda di balordi s’è messa a sparare ad altezza uomo nei vicoli della movida, mandando all’ospedale sei persone che si trovavano lì in compagnia di amici. Non è successo nulla di grave, ma è stato un puro caso. Qui, dove la Napoli bene ha per decenni trascorso le sue serate, c’è un’emergenza sicurezza diventata ordinarietà. Gli schiamazzi sono diventati risse. Le risse hanno portato paura. E la paura si è trasformata non in interventi concreti per riportare la legalità, ma nella giustizia fai da te. Con cittadini esasperati che si mettono a lanciare dai balconi secchi d’acqua o peggio ancora di acqua e candeggina, con tutti i danni che ne conseguono per gli ignari avventori che finiscono in mezzo ad una guerra di inciviltà che ha azzerato le differenze sociali. A Napoli non soffre più solo la periferia. Non sono soffrono più i quartieri poveri, ingiustamente abbondanti a se stessi e alle loro difficoltà, alla miseria di mezzi e anche di cultura. Ingiustamente dimenticati e scaricati nelle mani dei prevaricatori che si riuniscono sotto le sigle di questo o quel clan di camorra. A Napoli oggi si soffre ovunque. Anche nei ‘salotti in’ della città, dove l’indifferenza e l’assuefazione, per convenienza, verso piccole forme di illegalità ha aperto le porte di una deriva culturale che si è trasformata in violenza. E la città adesso si scopre polveriera sociale.
mercoledì, 11 Aprile 2018 - 15:36
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