Inchiesta sul traffico di droga dall’Olanda Al ristorante con l’amico camorrista:
le foto che inchiodano il carabiniere

carabinieri
di Manuela Galletta

A leggere complessivamente la storia del rapporto «deviato» tra un malavitoso del Parco Verde di Caivano, Pasquale Fucito, e il brigadiere dei carabinieri Lazzaro Cioffi, da giovedì in cella con l’accusa di aver prestato il fianco con soffiate e consulenze al delinquente, le dichiarazioni rese da due collaboratori di giustizia rappresentano la parte meno critica dell’impostazione accusatoria riguardante il militare dell’Arma.
Andrea Lollo, uomo di fiducia del broker latitante Bruno Carbone che riforniva di droga Fucito, e Nunzio Montesano, della paranza dei Russo, aprono con i loro racconti il capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare che riguarda Lazzaro Cioffi, una vita in servizio presso il nucleo investigativo di Castello di Cisterna. Un verbale a testa, mezza pagina ciascuno. Poche ma efficaci righe nel corso delle quali entrambi confermano di sapere che Fucito, delinquente acclarato e più volte arrestato, poteva contare sull’aiuto del brigadiere e che in cambio gli passava del denaro. Lollo offre qualche retroscena in più, spiegando che Cioffi, conosciuto nel parco Verde col soprannome di ‘Marcolino’, aveva messo in guardia Fucito in più di un’occasione sui blitz che i carabinieri avrebbero dovuto compiere ai suoi danni. E, per risultare credibile, circostanzia i fatti, fornendo le date delle ‘soffiate’, così da consentire alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli di verificare che, almeno in un’occasione, ci fu per davvero la retata annunciata da Cioffi ma che comunque portò all’arresto di Fucito e dello stesso Lollo. In un’altra circostanza ancora «Pasquale mi disse che Marcolino lo aveva avvisato che il giorno dopo avrebbero fatto una perquisizione a casa sua dei carabinieri fuori zona, i quali avevano avvisato dell’intervento. E Fucito si fece trovare pulito», spiega Lollo.
E’ il prologo di un’accusa che va crescendo, si irrobustisce con le intercettazioni telefoniche e ambientali. Devastanti per il brigadiere. Dialogo dopo dialogo, il viaggio nel mondo nascosto di quel carabiniere che nel 2006 ebbe anche un encomio fa rabbrividire. Pasquale Fucito e il carabiniere erano amici. Al punto tale che i due andavano a cena con le rispettive mogli, come provano le immagini della telecamere di un ristorante a Monteruscello recante la data 29 ottobre 2017. Al punto tale che Lazzaro Cioffi obbligava la moglie e la figlia ad accudire il figlio piccolo di Fucito, nonostante la ritrosia delle due donne che pure si lamentavano di dover fare da babysitter. E sono proprio le due donne, intercettate, a mettere puntelli alle accuse, a rafforzare il convincimento degli inquirenti che il brigadiere fosse perfettamente consapevole di agire violando la legge. Il 10 novembre 2017 la moglie Emilia D’Albenzio, finita ai domiciliari giovedì, guarda il bimbo ed esclama: «Ha un vicino dolce». La figlia di rimando: «Si sì dolce come il padre… Non a caso lo chiamano il ‘marziano’». A questo punto Lazzaro Cioffi si risente e alza la voce con la figlia: «Ma perché parli sempre? I morti di tua mamma, parli sempre… mannaggia la colonna… ». Emilia D’Albenzio gli fa eco: «Anche i muri hanno le orecchie». Il punto è che ingenuamente la ragazza ha appena fatto il soprannome di Fucito, il ‘marziano’, mandando in ambasce Lazzaro Cioffi che cerca di alludere il meno possibile all’amico malavitoso. «Tu vai solo a destra e sinistra insieme a lui…», insiste la ragazza. Ha ragione. Pasquale Fucito è uno di famiglia. Tanto che presenzia alla festa di compleanno di Emilia D’Albenzio e mette in una busta un regalo da 1000 euro in contanti, come emerge da altre ambientali del novembre scorso. Tanto che si reca anche a pranzo a casa di Cioffi in compagnia della moglie. Come accertato il 19 novembre del 2017, circostanza captata sempre dalle intercettazioni. Intercettazioni che rispetto a questo episodio restituiscono anche un altro elemento attualmente oggetto di investigazioni: allo stesso tavolo, in occasione dello stesso pranzo, siedono anche altri tre carabinieri di Castello di Cisterna, oggi tutti indagati per favoreggiamento nei confronti del brigadiere perché – è il ragionamento della procura – non potevano non sapere di quei rapporti «deviati» e nulla hanno detto, di fatto proteggendo il collega e consentendo che la storia andasse avanti. Una storia brutta, bruttissima. Che vuole Lazzaro Cioffi a busta paga di Fucito. Circostanza che non è una mera considerazione della procura, né una semplice accusa (senza riscontro) dei due pentiti che pure hanno alzato il velo su questa vicenda. A mettere una pietra tombale sulla vicenda è, ancora una volta, la moglie di Lazzaro Cioffi, la quale, parlando con un amico, rivela: «Gli deve dare i soldi quello… gli da i soldi a lui… e quindi io devo stare zitta». Lo sfogo, che può apparire generico, cade in una conversazione nel corso della quale Emilia D’Albenzio si lamenta rispetto a due circostanza: il dover frequentare e accompagnare ovunque la moglie di Fucito anche se non le fa piacere e tenersi il bambino. «Gli da i soldi a lui, ma non ho idea di quanto prende ma a me non da nulla». I soldi, quelli di cui parla anche Lazzaro Cioffi alla moglie lamentandosi di un ritardo di Fucito nei pagamenti: «Se non molla i soldi, queste mese se ne va a fare in c…, che mi deve dare i soldi a me…». I soldi, quelli di cui parlano alcuni malavitosi il 18 novembre dello scorso anno all’interno proprio di un’auto di Cioffi di cui in quel momento avevano la disponibilità: «Quello che tiene da vedere – dice uno riferendosi a Cioffi – Quello prende i soldi al mese».

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domenica, 22 Aprile 2018 - 09:22
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