Faida di Ercolano, pentiti smemorati: delitto Esposito, assolto il ras Montella L’Appello cancella l’ergastolo

Procura di Napoli (foto Kontrolab)
di Manuela Galletta

Quando si è pentito, Giuseppe Capasso ha dimenticato di dire aver partecipato all’omicidio di Gaetano Esposito. A ricordarlo alla Dda ci hanno pensato altri. Morcavallo, invece, ha recuperato la memoria su quel delitto col passare del tempo: peccato però che erano già scaduti i rigorosi 180 giorni che la legge concede a un collaboratore di giustizia per riferire tutti i fatti, di natura criminale, di cui è conoscenza.
Capasso e Morcavallo, di Ercolano il primo e di Portici il secondo, sono due delle cinque ‘profonde’ sulle quali la procura della Repubblica aveva costruito l’atto d’accusa nei confronti di Ciro Montella, storico malavitoso di Ercolano meglio noto come ‘o lione, uno che ha rivestito tanto il ruolo di capo quanto quello di killer. Sono due dei cinque pentiti che ieri pomeriggio i giudici della terza sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli (presidente Mastursi, a latere Melito) hanno messo in discussione. Ciro Montella, che in primo grado era stato condannato all’ergastolo sulla scia delle dichiarazioni dei pentiti, è stato assolto. E’ stato assolto dall’accusa di aver ordinato l’omicidio di Gaetano Esposito il 29 marzo del 2009 a Ercolano. E’ stato assolto dall’accusa di aver agito per vendicarsi della morte del padre e del fratello (Vincenzo e Gennaro, uccisi il 15 gennaio 2007) che la procura attribuiva ad Esposito. Per conoscere le ragioni che hanno spinto i giudici della Corte d’Assise d’Appello a ribaltare la sentenza disposta in sede di rito abbreviato dal giudice per le indagini preliminari D’Urso, occorrerà attendere novanta giorni. Ma è chiaro che la valutazione dei giudici abbia riguardato i cinque pentiti sui quali si poggiava la contestazioni. Pentiti che in due ore di discussione, affiancata dal deposito di una corposa memoria difensiva, l’avvocato Giuseppe Ricciulli, legale di Montella, ha demolito mettendo in risalto le contraddizioni o le illogicità dei loro racconti. Giuseppe Capasso, ad esempio, è stato chiamato in causa da altri collaboratori di giustizia come esecutore materiale dell’omicidio Esposito, ma lui s’è dimenticato – durante la sua iniziale collaborazione – di fare menzione di questo aspetto salvo però ricordarsi sin da subito di puntare l’indice contro Montella. Morcavallo, invece, è stato contestato sul piano della logica: lui, che ha militato nella camorra di Portici e non in quella ercolanese, era parente dei familiari della vittima; e ha riferito che all’indomani dell’omicidio si recò a casa di Montella per chiedergli conto del perché volesse cacciare i familiari di Esposito. Peccato che il diretto interessato abbia raccontato che in occasione della visita fosse già a conoscenza che Montella era stato l’autore dell’omicidio. Circostanza che ha spinto l’avvocato Ricciulli ad etichettare come illogiche e inverosimili le dichiarazioni di Morcavallo. Ma c’è di più: Morcavallo ha reso l’intero racconto molto dopo i 180 giorni entro i quali avrebbe dovuto riferire di ogni crimine di cui era a conoscenza; e ha reso l’intero racconto subito dopo il pentimento di Vincenzo Esposito, parente di Gaetano Esposito. Per gli altri tre pentiti si è svolto lo stesso canovaccio di demolizione. Un lavoro di rilettura delle dichiarazioni dei pentiti che, visto l’esito della sentenza, potrebbe essere stato sposato su tutta la linea dalla Corte. Ciro Montella resta comunque detenuto (a Sassari e in regime di carcere duro) per effetto di due condanne: una per associazione di stampo mafioso e l’altra a 20 anni (in Appello) per l’omicidio di Giorgio Battaglia, avvenuto l’8 marzo del 2009 nell’ambito della guerra tra i Birra (cui la vittima apparteneva) e gli Ascione-Papale.

venerdì, 15 Giugno 2018 - 08:30
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