Una condanna per l’omicidio del tatuatore Gianluca Cimminiello c’è già ed è definitiva: Vincenzo Russo, l’uomo che ha sparato uccidendo una bravo ragazzo solo perché si era ribellato a un sopruso, deve scontare la pena dell’ergastolo.
Ma oggi nel palazzo di Giustizia di Napoli si scriverà un’altra pagina importante della storia processuale di questo assurdo e barbaro omicidio. I giudici della Corte d’Assise di Napoli sono in camera di consiglio per decidere delle sorti del boss Arcangelo Abete e di Raffaele Aprea, al tempo uniti sotto la bandiera degli Amato-Pagano. La procura ne ha chiesto la condanna all’ergastolo, ritenendo Abete il mandante dell’omicidio e Aprea l’organizzatore dell’agguato. Susy Cimminiello, sorella di Gianluca, è in aula. Come sempre. Come ha sempre ha fatto da quando la Direzione distrettuale antimafia è riuscita a mettere insieme alcuni dei tasselli dell’omicidio di Gianluca, ammazzato con un colpo di pistola all’esterno del suo negozio di tatuaggi a Casavatore. E’ in aula ma è sola. Con lei pochi amici. «Siamo quattro gatti», commenta lei arrabbiata. Ed è la prima volta che Susy, mai in cerca di riflettore ma combattente silenziosa, affida ad una ‘telecamera’ la sua delusione, la sua amarezza. Lo fa con un video-messaggio affidato a Facebook. E il suo è un monito. Un monito a tutti quelli che a parole le hanno mostrato solidarietà, ma che nei fatti oggi non sono al suo fianco. «La criminalità non si combatte ai tavoli, ai convegni ma ai Tribunali – dice Susy – Ma qui oggi siamo quattro gatti. Ho combattuto per verità e giustizia. E continuerò a combattere. Siete ancora in tempo: la sentenza è prevista dalla 14.30 in poi. Venite qui e metteteci la faccia. Sono stanca di metterci la faccia solo io e pochi altri. La camorra uccide chi è solo. Mi auguro e spero che stiate facendo qualcosa di meglio».
venerdì, 29 Giugno 2018 - 12:29
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