Scandalo sanità in Basilicata, i sospetti degli inquirenti: «Scambio di favori coi politici della Campania e della Puglia»

Marcello Pittella (Pd)
di Manuela Galletta

Quelli che non avevano santi in paradiso rimanevano indietro. Tanto erano «un’inutile zavorra». Quelli, invece, che vantavano amicizie e parentele eccellenti andavano avanti. Vincevano i concorsi, scalavano le graduatorie. E si assicuravano un posto che, senza benedizioni, non avrebbero mai agguantato. Gli aiuti, del resto, venivano forniti in ogni misura: dai temi ‘cuciti addosso’ al candidato da favorire, alla rivelazione delle tracce da parte dei membri compiacenti della commissione sino ad arrivare, in casi estremi, a rimaneggiare i punteggi, correggendo quelli assegnati in precedenza.
L’inchiesta che ieri mattina ha fatto finire ai domiciliari il Governatore della Regione Basilicata Marcello Pittella (esponente del Pd) e ha portato all’arresto di altre 21 persone (2 in carcere e 19 ai domiciliari) disegna uno scenario di inquinamento del sistema sanitario e politico della Basilicata che getta sconforto. Il giudice per le indagini preliminari Angela Rosa Nettis del Tribunale di Matera parla di «distorsione istituzionale», parla di «funzione pubblica» asservita «a interessi di parte su sollecitazione di una moltitudine di questuanti». E il dato ancor più grave è che questo quadro di «sciacallaggio politico e condizionamento sociale» potrebbe non essere solo un affresco della Basilicata, ma anche della Campania e della Puglia. C’è un passaggio nelle 425 pagine di ordinanza di custodia cautelare che hanno terremotato il sistema politico e sanitario della Basilicata che lascia pensare all’esistenza di un filone investigativo di interesse delle nostra regione. Nell’esaminare le condotte di alcuni degli indagati, nello spiegare che in alcuni casi si è cavalcata la spregevole onda della ‘raccomandazione’ e del danneggiamento di professionisti valevoli per ricercare consenso elettorale, il giudice sottolinea che c’è stato uno scambio di favori con «politici di pari schieramento che governano Regioni limitrofe, come è il caso della Puglia e della Campania». Poche parole, che fanno però presagire ad un allargamento dell’orizzonte investigativo e turbano i sonni di altri pezzi da novanta del mondo politico.
L’uomo chiave di questa squallida storia, e con buona probabilità anche dei suoi riflessi in Campania, è il direttore generale dell’Asm Pietro Quinto, da ieri agli arresti con le accuse di corruzione e di turbata libertà degli incanti. La Guardia di Finanza l’ha monitorato per tre mesi. Per tre mesi ne ha intercettato le utenze e l’ha spiato all’interno degli uffici dell’Asm, che erano la sua base operativa. Sono saltate fuori ben 14mila tra conversazioni e contatti. Un numero impressionante di rapporti, molti dei quali con gente che conta. Gente che ha chiesto piaceri. Che li ha ricevuti e li ha contraccambiati. In alcuni casi i nomi dei contatti eccellenti di Quinto sono svelati, su altri nomi invece vige il riserbo perché le indagini sono ancora in corso. Ma gli accenni alla ‘rete clientelare’ che Quinto aveva messo in piedi sono sufficienti a capire che la bufera giudiziaria scoppiata ieri mattina in Basilicata è destinata a trasformarsi in una valanga che potrebbe travolgere anche pezzi dell’attuale Parlamento. Il giudice per le indagini preliminari sottolinea, infatti, che Quinto «ha avuto rapporti con esponenti del Governo precedente», ossia con il Governo targato Partito democratico, nonché «con parlamentari ancora oggi in carica e non, con consiglieri ed assessori regionali». Personaggi politici non appartenenti ad uno stesso schieramento. La logica della raccomandazione era trasversale, l’importante per Pietro Quinto era ricevere un tornaconto. E così dalle pieghe dell’ordinanza salta fuori che l’ex viceministro degli Interni Filippo Bubbico (Forza Italia) ha fatto arrivare a Quinto una segnalazione per l’assoluzione di due persone. L’attuale deputato barese Gaetano Piepoli (Cd) avrebbe invece chiesto a Quinto un aiuto per l’inserimento del figlio archeologo specializzato in storia medievale nella Fondazione Matera 2019, ma la ‘raccomandazione’ non sarebbe andata a buon fine per via degli ‘spifferi’ che hanno accompagnato la parte finale dell’inchiesta. In cambio Quinto ha però ottenuto – scrive il gip Angela Rosa Nettis – l’inserimento del figlio come tirocinante presso la procura generale della Repubblica di Bari. Cosa che, e qui la storia si fa più grave, «grazie anche all’interno di un pm in servizio presso quella procura». Finanche il Questore di Matera, Paolo Sirna, viene menzionato negli atti di inchiesta come uno di quelli che avrebbe sollecitato una segnalazione. Ma c’è di più: Quinto era così influente che finanche «alti prelati della Chiesa» hanno chiesto la sua intercessione. (L’articolo continua, è possibile leggere il servizio integrale sul quotidiano digitale disponibile solo in abbonamento….)

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sabato, 7 Luglio 2018 - 11:03
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