Camorra, faida tra baby boss a Forcella: i Buonerba confessano, ergastoli cancellati Inflitti 20 anni a 6 imputati

L'omicidio di Salvatore D'Alpino ripreso dalle telecamere

Ad uccidere Salvatore D’Alpino furono i Buonerba, gli allora ras di via Oronzio Costa a Forcella. I giudici della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno confermato la sostanza delle condanne disposte il 28 ottobre del 2016 dal giudice per le indagini preliminari Dario Gallo del Tribunale di Napoli in sede di giudizio abbreviato. Ma rispetto al verdetto emesso due anni fa, la Corte è intervenuta a gamba tesa sull’entità delle pene disponendo un alleggerimento delle stesse alla luce dell’intervenuta ammissione degli addebiti da parte degli imputati. I sei imputati, che già nel processo con rito abbreviato, aveva reso delle dichiarazioni in ordine alle accuse loro contestate, hanno perfezionato la ‘confessione’ – limitata alle proprie responsabilità – nel corso del processo di secondo grado. Non solo: prendendo le distanze da quanto stabilito nel precedente grado di giudizio, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno anche cancellato l’aggravante della premeditazione, confermando invece quella dell’articolo sette della legge antimafia del 1991 essendo pacifico che l’omicidio D’Alpino maturò in uno scontro tra clan. In particolare D’Alpino, meglio conosciuto negli ambienti criminali col soprannome di ‘o brillante, venne ammazzato nell’ambito della faida scoppiata tra i Buonerba e i Sibillo che si stavano contendendo il controllo di via Oronzio Costa, definito dai Buonerba, che lì abitavano, il ‘vicolo della morte’.
Risultato: tutti e sei gli imputati accusati di aver avuto un ruolo nel delitto sono stati condannati a 20 anni di reclusione ciascuno. Una pena che ha azzerato quelle pesantissime all’ergastolo che nel 2016 vennero disposte per Gennaro Buonerba (difeso dall’avvocato Leopoldo Perone), per Antonio Amoroso e per Luigi Criscuolo. Lo sconto di pena ha interessato anche gli imputati condannati in primo a grado a 30 anni di reclusione: Assunta Buonerba (difesa dall’avvocato Leopoldo Perone), Luigi Scafaro (difesa dall’avvocato Antonio Rizzo); Salvatore Manzio. Tutti gli imputati, ad eccezione di Assunta Buonerba, sono stati riconosciuti colpevoli – cosa già accaduta in primo grado – anche per associazione di stampo mafioso. L’omicidio si consumò il 31 luglio del 2015 in piazza Mancini. Nel raid rimase ferito anche il 37enne Sebastiano Carlarelli che era estraneo all’agguato. La scena venne riprese dalle telecamere di un sistema di sorveglianza.
Pochi mesi fa in Corte d’Appello si è invece definito il processo per alcuni esponenti del clan Buonerba che rispondevano solo di associazione mafiosa. I giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello hanno confermato in toto le condanne emesse dal gip. Tradotto in numeri: 15 anni di reclusione sono stati comminati a Giuseppe Buonerba, padre del ras Gennaro; 7 anni e 9 mesi sono stati inflitti a Maria Buonerba; 15 anni e 7 mesi per Salvatore Scafaro; 15 anni e 9 mesi per Vincenzo Rubino, già condannato in altro procedimento per tentato omicidio; 8 anni e 6 mesi per Emilia Sibillo, la moglie di Gennaro Buonerba. Condannati anche Andrea Manna e Raffaele Trongone (a capo dell’omonimo clan) per un episodio di estorsione aggravata dalla matrice camorristica. Stangata, infine, per il ras dei Sequino, Salvatore, che si è visto confermare la condanna di primo grado a 15 anni, 9 mesi e 14 giorni per concorso esterno in associazione di stampo mafioso per aver fornito appoggio militare e logistico ai Buonerba nella faida coi Sibillo.

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lunedì, 16 Luglio 2018 - 16:21
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