Fake news, l’82% degli italiani incapaci di riconoscere le ‘bufale’ in rete: le ‘trappole’ maggiori sui migranti

di Serena Finozzi

L’82 per cento degli italiani non è in grado di riconoscere una bufala sul web e per l’87,76 per cento della popolazione l’informazione che circola in rete è professionale, quindi attendibile. Sono solo alcuni dei dati allarmanti sulla capacità di informare e di informarsi ai tempi di Internet e dei social media che emergono dal rapporto Infosfera realizzato dal gruppo di ricerca sui mezzi di comunicazione di massa del Suor Orsola Benincasa. «I dati di questa ricerca – commentano i docenti Francesco Pira e Andrea Altinier – ci dicono che non si sono ancora formati gli anticorpi alle fake news che quotidianamente coinvolgono politica, aziende e persone». Un fenomeno allarmante che accende i riflettori sulla crescente incapacità di far leva sul proprio senso critico e sulla ‘pigrizia’ nel ricercare fonti e informazioni attendibili. Ma, soprattutto, quello della ‘credulonità’ di fronte ad una notizia è un fenomeno pericoloso perché, «emerge sempre con maggior forza, le fake news concorrono a formare la percezione dell’opinione pubblica», proseguono i docenti del Suor Orsola Benincasa. Internet e i social, insomma, diventano terreno fertile per il diffondersi – ai tempi rapidissimi propri della rete, con la complicità delle condivisioni ‘selvagge’ di post – di bufale che possono diventare veri e propri detonatori capaci di innescare la miccia dell’odio, del rancore, della rabbia, oltre che del qualunquismo, del populismo e della cattiva informazione (di gran lunga peggiore della disinformazione). E i casi di bufale che, prima di rivelarsi tali, hanno generato veri e propri ‘casi’ sociali e mediatici non si contano più. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa in un servizio in cui, tra gli altri esempi, facevamo quello della notizia circolata per giorni sui social di un «tunisino di 32 anni» che «mostra genitali a bambine al parco. Rilasciato perché profugo di guerra». Nessuno tra gli smanettoni che si sono precipitati a manifestare tutta la loro indignazione per il presunto fatto si è fermato un attimo a riflettere sull’assurdità di quanto letto dal momento che non esiste alcuna legge che rende immune un profugo di guerra da un reato commesso in Italia. Tutti a dare addosso al tunisino, allo straniero, diventato ormai l’emblema dei problemi del Belpaese. Tutti a puntare il dito contro il sistema, tutti ad inneggiare all’ormai stanco leitmotiv del ‘prima gli italiani’ e del ‘rispediteli a casa loro’. Tutti a gridare che gli extracomunitari vengono in Italia solo per rubare, delinquere, e stuprare i nostri figli come se prima degli stranieri non si fossero mai verificati furti e stupri. E’ bastato, insomma, che quella ‘notizia’ fosse apparsa su Internet, su una bacheca di Facebook, per farla percepire immediatamente come ‘vera’ e ‘reale’. Per gli autori del rapporto Infosfera, «è fondamentale costruire un controflusso di informazioni con contenuti in grado di diventare virali e contrastare l’uragano delle fake news perché spesso, poi, le bufale sono notizie negative su qualcuno o qualcosa». Accanto alla costruzione di un ‘controflusso’ di informazioni, però, sarebbe il caso che ciascuno si riappropriasse della capacità – e volontà – di informarsi realmente e, soprattutto, criticamente. Per il docente Eugenio Iorio, infatti, «è innegabile che si tratti di dati inquietanti perché in un’infosfera così configurata i cittadini/utenti, sprovvisti dei più elementari strumenti di analisi e di critica della realtà e privi di qualsiasi strumento di difesa, tendono ad avere una visione distorta della realtà, una visione sempre più prossima a quella desiderata dai manipolatori delle loro capacità cognitive».

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martedì, 24 Luglio 2018 - 17:14
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