Nel giorno dell’ultima udienza, prima della pausa estiva, sul processo disciplinare a carico dei pm napoletani Henry John Woodcock e Celestina Carrano succede di tutto. Succede che si materializza la possibilità che il processo disciplinare ricominci da zero. Succede che il procuratore aggiunto Paolo Ielo della procura di Roma, che sta indagando sul caso Consip, affermi che sono pronti a chiudere le indagini ma devono aspettare le motivazioni della Cassazione che ha salvato il carabiniere Giampaolo Scafarto dall’interdizione dai pubblici uffici della durata di un anno. E succede pure che Matteo Renzi torni a gridare al complotto, pretendendo dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
La giornata di ieri si è aperta con la deposizione, come testimone, di Paolo Ielo davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Il procuratore aggiunto si è soffermato su un episodio della sera del 20 dicembre del 2016, il giorno in cui l’allora amministratore delegato di Consip Luigi Marrone aveva chiamato in causa tra gli altri Luca Lotti e il comandante generale dei carabinieri dell’epoca Tullio Del sette, come fonti della notizia che c’era un’indagine sulla centrale di acquisti della pubblica amministrazione: «Ero a cena con il procuratore Pignatone, l’aggiunto Sabelli e militari della Guardia di finanza. Verso la fine della cena ho ricevuto una telefonata di Woodcock che mi parlava di un’attività investigativa da cui emergevano elementi su una fuga di notizie che sarebbe stata causata dal comandante generale dell’Arma e di un esponente apicale del governo. Ho chiesto a Pignatone di appartarci per parlare e gli ho raccontato questo, dicendo che secondo me la cosa migliore era che facessi un salto alla caserma del Noe. Lui era d’accordo e io sono andato al Noe, Pignatone e Sabelli avrebbero aspettato il mio ritorno a cena e io poi avrei raccontato». Al Noe, riferisce Ielo, c’erano Woodcock e Carrano e ufficiali di polizia giudiziaria, tra cui Scafarto. Proprio in quella circostanza Scafarto avrebbe manifestato la volontà di «eseguire una perquisizione nei confronti di Tiziano Renzi e di farlo alle cinque del mattino». Ma Ielo sconsigliò questa iniziativa. «Dissi: è un atto che espone moltissimo e ha una probabilità molto bassa di portare a casa un risultato. Woodcock fu assolutamente d’accordo sull’inopportunità di questa perquisizione». Ielo poi prese anche visione di una parte della documentazione già confezionata relativa all’inchiesta. «Credo di aver letto anche il verbale delle dichiarazioni di Marroni – ha affermato Ielo – comunque ho contezza di cio’ che c’era scritto. La cosa più evidente per me era l’ipotesi di reato nei confronti di Lotti e del comandante generale dell’Arma che era di competenza della procura di Roma». Quanto all’ex consigliere economico di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, Ielo ha risposto: «Di Vannoni non mi ricordo, per me le cose importanti erano queste». Il magistrato si è soffermato sui tempi del suo ufficio per arrivare ad una conclusione circa l’inchiesta madre, cominciata a Napoli e poi arrivata a Roma con tanto di veleni al seguito. Il magistrato afferma poi che se non dovessero arrivare entro ottobre le motivazioni della Cassazione sulla posizione di Scafarto, il suo ufficio «prenderà comunque le sue determinazioni», salvo poi aggiungere che l’ultima parola spetterà comunque al procuratore.
L’udienza è stata aggiornata al 6 settembre. Fissate anche altre due date. Ed è stato proprio il calendario ad offrire un’altra notizia. Il processo disciplinare ai pm potrebbe ricominciare da zero. E’ quello che accadrebbe se la sentenza slittasse dopo il 25 settembre, data in cui scadrà il Csm in carica e si insedierà quello nuovo, nato dall’elezione dei 16 componenti togati e degli otto laici. Ieri sono state fissate altre tre udienze per il 6, il 7 e l’11 settembre, data in cui in teoria si dovrebbe arrivare alla sentenza. Ma questo procedimento è già stato costellato da rinvii (oggi sono slittate sia la testimonianza del pm di Roma Mario Palazzi, in ferie all’estero, sia le previste dichiarazioni spontanee dei due magistrati sotto processo, per un problema di salute di Carrano) e se ce ne fosse ancora qualche altro, il rischio di ricominciare tutto daccapo potrebbe divenire concreto. Perché con la costituzione di una nuova Sezione disciplinare e dunque di un nuovo collegio giudicante, è molto probabile che la difesa chieda e ottenga il rinnovo di tutti gli atti compiuti. Non solo: sul procedimento pesa anche un’altra incognita. Uno dei giudici, Antonio Leone, è stato eletto dal Parlamento componente del Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria. Non si sa ancora quando si insedierà nel nuovo incarico, ma se dovesse lasciare a breve, anche la sua uscita rischierebbe di pesare sulla sorte del procedimento.
Sullo sfondo ancora i commenti di Matteo Renzi che continua a indicare l’inchiesta Consip come un complotto accusando il ministro della Giustizia di «non voler vedere» o di essere «in malafede» rispetto a questa vicenda.
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mercoledì, 25 Luglio 2018 - 12:43
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