Il trucco: «A me gli occhi… e i gioielli» L’ipnosi diventa violenza: sgominata banda Nel mirino gli anziani di Messina, 6 arresti

di Giancarlo Maria Palombi

“Azione delittuosa, consistente nella sottrazione di cosa mobile altrui, effettuata con la violenza o con minacce, allo scopo d’impossessarsene”: questa la definizione del termine “rapina”. Quanto accertato dalle forze dell’ordine in Sicilia ha però svelato uno scenario, e soprattutto, un modus operandi decisamente diverso. La banda di rapinatori che ipnotizzava le proprie vittime agivano «senza alcuna remora» in pieno giorno ed anche in zone popolate e familiari alle vittime «in modo da non insospettirle» per «influenzarne i comportamenti ed a porle in stato d’incapacità di volere ed agire, mediante suggestione ipnotica e comunque tramite tecniche comunicative verbali e di gestualità tali da persuadere e manipolare la persona offesa la cui volontà veniva coartata e che veniva indotta a consegnare le somma del denaro richiesto». È quanto emerge dall’inchiesta che a Messina ha portato all’arresto di sei persone per le rapine commesse nei confronti di anziani con il metodo dell’ipnosi. «Le indagini, sviluppate attraverso l’acquisizione delle testimonianza delle vittime e delle persone informate sui fatti, sull’esame delle riprese di sistemi di videosorveglianza che potessero avere ripreso gli abboccamenti tra i malfattori e le vittime, l’esame di tabulati di traffico telefonico hanno consentito di giungere all’identificazione delle persone colpite dal provvedimento cautelare e sia fare luce su numerosi episodi che per il modo di agire è stato ritenuto configurare, non una semplice truffa ma il ben più grave reato di rapina», dicono gli investigatori. I rapinatori, che agivano sempre in tre per volta, interpretavano una sceneggiatura ormai consolidata. Uno ricopriva il ruolo di marinaio straniero intenzionato a vendere gioielli, un secondo complice che fingeva di essere interessato all’acquisto ed il terzo infine quello di gioielliere in grado di valutare la merce e, talvolta intenzionato a sua volta a comprarla. La compravendita di gioielli era inscenata con lo scopo di coinvolgere la vittima. «La vittima era avvicinata dal primo soggetto, che si presentava come un marinaio straniero in transito che doveva vendere dei gioielli per i quali in caso di mancata vendita avrebbe dovuto pagare delle pesanti tasse doganali – spiegano gli inquirenti – Nel frattempo, sopraggiungeva un secondo soggetto che si intrometteva volutamente nella discussione chiedendo al marinaio di mostrargli i gioielli, precisando, però, la necessità di procedere ad una valutazione della merce da parte di un esperto, ad esempio un gioielliere. Il finto acquirente, quindi, si allontanava temporaneamente e ritornava in compagnia di un altro complice che si presentava come gioielliere e valutava i preziosi». Queste fasi, in genere, duravano anche fino a due ore, durante le quali la vittima e veniva fatta partecipe delle difficoltà del marinaio che avrebbe potuto subire un grave danno economico dalla mancata vendita o da quelle dell’ipotetico acquirente che non era in possesso di tutto il denaro necessario all’acquisto inoltre le vittime venivano blandite attraverso continue gestualità, abbracci, strette di mano al fine di creare un vincolo empatico. Inoltre in alcuni casi, attraverso questi contatti fisici, le vittime percepivano un profumo molto intenso, che provocava loro uno stato confusionale ed ipnotico. Al termine di queste lunghe manovre la volontà delle vittime veniva coartata e soggiogate e queste ritenevano di dare un contributo per l’acquisto dei gioielli ritenendo che consegnare il denaro fosse il giusto comportamento da tenere. La violenza posta in essere dagli indagati per compiere le rapine contestate è consistita pertanto nel procurare uno stato di incapacità , di volere o di agire, nella vittima, propedeutica alla realizzazione dell’azione predatoria. Ciò può avvenire attraverso l’utilizzo di sostanze in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione della vittima, inducendo uno stato di parziale o totale incoscienza, ma anche attraverso l’utilizzo di particolari tecniche che provochino l’alterazione della normale capacità di comprensione della realtà e/o di coerente volizione, incidendo sulla normale capacità di valutazione critica, che costituisce il filtro in grado di orientare i comportamenti di una persona secondo quanto appreso per le esperienze di vita della stessa.

venerdì, 3 Agosto 2018 - 15:33
© RIPRODUZIONE RISERVATA