Genova, tra speculazione e imbecillità: inventata la lettera sulla famiglia morta Così gli sciacalli del web lucrano sul dolore

ponte Morandi
Il ponte Morandi crollato a Genova la mattina del 14 agosto 2018
di Manuela Galletta

Ci sono tre storie che oggi vogliamo raccontare. Tre storie di sciacallaggio e di imbecillità che i social hanno restituito nelle impietose ore in cui a Genova si consumava l’immagine tragedia di un ponte crollato e di almeno 40 vite spezzate. Di sogni, speranze e sorrisi diventati un tutt’uno con l’impasto di cemento e lamiere che alle 11.30 del 14 agosto s’è schiantato da 45 metri di altezza. Tre storie che dimostrano in maniera plastica quanto sia potente, virulento, lo strumento di Facebook con la sua capacità di diffondere su scala planetaria una semplice notizia e di quanto, al tempo stesso, l’animo umano possa essere gretto nel servirsi di questo network per manipolare, divulgando notizie false, una massa di persone ancora troppo impreparate nell’accogliere, pesare e gestire informazioni di ogni sorta veicolate dalla creatura di Mark Zuckerberg.
Ebbene, mentre i vigili del fuoco scavavano sotto le macerie del Ponte Morandi sull’A10, su Facebook è cominciato a rimbalzare uno scritto, dal contenuto verosimile e dalle note commoventi, sulla tragedia che aveva colpito una famiglia che si sarebbe trovata a passare sul cavalcavia dei veleni al momento del cedimento strutturale. Nel lungo testo si dava la notizia della tragica morte – quasi in diretta – di un’intera famiglia: una bimba di 3 mesi, il fratellino di 9 anni e i due genitori. Elena, Jacopo, Amanda e Paolo erano i nomi della felice famiglia risucchiata tra pezzi di cemento e lamiere. Inutile dirlo, quello scritto era un clamoroso falso. Realizzato da qualcuno che, sfruttando le corde della compassione, s’è divertito a fare esercizio di stile mentre i familiari delle vittime vere cercavano disperatamente notizie sui loro cari che non rispondevano più a telefono, mentre i familiari delle vittime vere attendevano, davanti a ciò che restava del ponte Morandi, che i vigili del fuoco restituissero loro almeno i corpi dei parenti da piangere. Roberta Giannino è il nome dell’utente che ha lanciato la commovente e verosimile storie. Il suo volto social? Un’immagine di Minnie. Era il primo segnale che dietro lo scatto della topolina più famosa della storia dei cartoons si celasse in realtà un’altra identità. Il primo segnale per fermarsi a riflettere sulla veridicità della notizia. Invece quello scritto ha ottenuto quasi 15mila condivisioni, complice anche l’espediente del narratore-bambino che si conferma un abile trucco per fare breccia nei cuori più sensibili. Tutti ignari pedine di un ingranaggio di manipolazione che solo la verità drammatica emersa ora dopo dopo da quelle macerie ha smascherato. Ma tant’è: c’è una fetta assai consistente del popolo social che oggi crede per davvero che il ponte Morandi abbia impietosamente fermato le vite di Elena (3 mesi), Jacopo (9 anni), Amanda (37 anni) e Paolo (40 anni). Che ha affidato un pensiero a questa famiglia che non è mai esistita. In questo post, la sera del 14 agosto, ci siamo inciampati pure noi. Seguendo il corso delle condivisioni siamo risaliti al profilo di Roberta Giannino. E lì ci siamo insospettiti. Per alcune ovvietà nello scritto. Ma soprattuto perché a parte la foto di Minnie quel profilo puzzava di falso. Le verifiche pure effettuate sull’identità della presunta famiglia morta, perché siamo giornalisti e se esiste una traccia bisogna sondarla, hanno tutte avuto esito negativo. Oggi il profilo di Roberta Giannino non c’è più. Cancellato, rimosso. Il post sui morti fantasma però campeggia ancora su molte bacheche Facebook. E il suo contenuto è finito col diventare realtà. «Non ci sono parole», concludeva il testo. E’ l’unica parte di esso che ci sentiamo di condividere. Non ci sono parole di fronte ad un esibizionismo, ad uno sciacallaggio di simili proporzioni. Non ci sono parole di fronte ad un animo umano che si fa beffe del dolore vero, reale, di chi sotto a quel ponte ha perso qualcuno che amava, di chi s’è messo a giocare con le parole per la stupida vanità di vedere l’effetto che fa.

Di parole, indignate, ce ne sono state invece migliaia per via dell’annuncio spot che un consorzio piemontese di professionisti, avvocati inclusi, ha affidato a Facebook sempre nella serata drammatica in cui erano in corso le operazioni di recupero delle vittime. «Ciao! Facendo seguito al terribile disastro di Genova, XXX con il suo team legale specializzato nella tutela del diritto e risarcimento del danno relativo a disastri naturali, stradali e di lavoro offre a tutti i cittadini un servizio con intervento immediato a tutela delle persone danneggiate e delle vittime», è l’incipit del post. Poi l’offerta speculativa: «Mettiamo a disposizione delle persone colpite da questa tragedia i nostri professionisti senza anticipare spese o onorari di alcun genere atteso che le stesse verranno addebitate tutte alle compagnie di assicurazioni e/o ai fondi od ai responsabili del disastro. Per le vittime la prestazione è gratuita». (L’articolo continua sul numero di oggi, venerdì 17 agosto, del quotidiano digitale accessibile su abbonamento. Per leggere tutti i giorni i nostri servizi basta accedere alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’ e scegliere la formula per leggere il giornale da pc, tablet e cellulare: 10 euro al mese, 50 euro ogni sei mesi, 100 euro all’anno)

venerdì, 17 Agosto 2018 - 11:07
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