Ponte Genova, blitz della Finanza al ministero e sequestro atti. Spuntano prime ipotesi sul crollo del Morandi

ponte Morandi
Il ponte Morandi crollato a Genova la mattina del 14 agosto 2018
di Manuela Galletta

Ci sono le ipotesi, le prime, che in quanto tali potrebbero sfumare o rafforzarsi. Va da sé che qualsiasi scenario messo sulla carta senza certezze va pesato con le dovute cautele. E poi ci sono i passaggi formali, i documenti da acquisire dal cui studio dipende la ricostruzione certosina su eventuali ruoli e responsabilità nel crollo del ponte Morandi che ha schiacciato sotto le macerie la vita di 43 persone. A poco più di due settimane di distanza dalla tragedia che ha colpito Genova e l’Italia intera, l’inchiesta della procura di Genova comincia a scandire le pagine dei giornali. La Guardia di finanza sta eseguendo un decreto di sequestro emesso dalla procura di Genova che riguarda tutta la documentazione relativa al ponte Morandi. Le Fiamme gialle sono nelle sedi del Ministero delle Infrastrutture e nel suo ufficio ispettivo territoriale di Genova, nella sede del Provveditorato delle opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Val d’Aosta, e della Spea Engineering spa (è una società del gruppo Atlantia, che a sua volta controlla Autostrade per l’Italia, a cui è stata affidato il progetto dell’intervento di messa in sicurezza del viadotto Morandi che sarebbe dovuto partire a settembre. I sequestri stanno avvenendo a Roma, Milano, Firenze e Genova. In particolare la Finanza punta al carteggio relativo all’iter autorizzativo del progetto di ‘retrofitting’ del ponte Morandi e a ricostruire i passaggi e l’attività svolta dalle strutture di vigilanza e controllo, ossia Ministero e Provveditorato. Non solo: le fiamme gialle stanno lavorando, per individuare documentazione utile, anche sui server di posta elettronica delle direzioni del Mit competenti sulle procedure di autorizzazione e sulla vigilanza, e parallelamente, sui server della Spea, che proprio a Firenze ha importanti diramazioni e uffici e il centro informatico.
E’ il primo scontato passaggio di un’inchiesta che, come già spiegato a suo tempo dal capo della procura Cozzi, non sarà un’inchiesta ‘lampo’. E non sarà neppure un’inchiesta «sensazionale» a sentire sentire il capo della procura, che dal giorno del crollo del ponte di Genova offre, un giorno sì e uno no, una considerazione sull’indagine che sta gestendo. Tradotto: non ci sarà un’infornata di indagati solo a scopo di dimostrare che qualcosa si sta facendo, ma gli indagati arriveranno solo quando sarà compiuta «l’analisi delle carte, tanto sulla concessione quanto sulle amministrazioni», quando si sarà fatta chiarezza sui « collaudi, i materiali impiegati, la manutenzione». Poi resta la questione dell’abbattimento di ciò che resta del ponte. La volontà politica, è nota da tempo, è quello di demolire il Morandi per intero anche perché si teme che prima o poi ciò che resta possa venire giù. Ma si dovrà dare tempo ai consulenti della procura per fare i dovuti sopralluoghi affinché tutti gli accertamenti siano esperiti. «Se abbattimento deve essere – ha detto Cozzi appena lunedì scorso – deve avvenire in tempi rapidi, addirittura all’indomani della concessione delle autorizzazioni. E l’intervento deve essere compatibile con l’esigenza di acquisizione e di conservazione delle prove. Preservando i reperti utili alle indagini».
Nell’attesa però piccoli ‘assaggi’ sullo stato di salute del Morandi prima del crollo arrivano proprio dal procuratore Francesco Cozzi, che con una cadenza quasi quotidiana convoca conferenze stampa per fare il punto sulle indagini. L’ultima è datata ieri 28 agosto e il procura ha spiegato che il Morandi «presentava evidentemente dei problemi anche da lunga data ed è necessario analizzare in questi periodi di tempo cosa è successo, cosa è stato e non è stato fatto e cosa poteva essere fatto. Si possono evidenziare problemi già prima degli anni ’90, quando sono stati ristrutturati i primi stralli».
Intanto sulle pagine di alcuni giornali vengono disegnate le prime ipotesi che potrebbero aver provocato il cedimento strutturale del Morandi: il quotidiano la ‘Repubblica’ riporta che una possibile potrebbe essere la presenza di una bolla d’aria all’interno del tirante di calcestruzzo che avrebbe corroso e arrugginito i cavi di acciaio all’interno dello strallo. Il difetto sarebbe sorto durante la fase di “iniezione” del cemento che ingloba i trefoli, i cavi in acciaio.

mercoledì, 29 Agosto 2018 - 12:35
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