Delitto Stravato, un’inchiesta e due letture Il pm chiede 3 ergastoli e 2 condanne, ma la Cassazione annulla un arresto

Carlo Lo Russo al momento dell'arresto, stringe tra le mani il provvedimento del tribunale (foto kontrolab)
di Manuela Galletta

Tre richieste di ergastolo e due richieste di condanna ‘minori’ relative, queste ultime, ad altrettanti collaboratori di giustizia. Al processo con rito abbreviato sull’omicidio di Raffaele Stravato avvenuto a Marianella, periferia a nord di Napoli, il 23 ottobre del 2015, il pubblico ministero antimafia Enrica Parascandolo – che ha coordinato l’inchiesta – non mostra dubbi sulle accuse che vedono sul banco degli imputati cinque esponenti del clan Lo Russo. Carlo Lo Russo, il boss che all’epoca dei fatti ordinò il delitto e che è successivamente passato a collaborare con la giustizia, viene ritenuto un pentito attendibile e le dichiarazioni che hanno travolto i co-imputati vengono considerate parimenti coerenti e affidabili. Di qui la richiesta, avanzata ieri mattina (11 ottobre) dinanzi al giudice per le indagini preliminari Francesca Ferri del Tribunale di Napoli, di condannare alla pena dell’ergastolo Luigi Cutarelli – killer al soldo del clan -, Ciro Perfetto e Vincenzo Carrino, e di infliggere pene più basse, per via della collaborazione offerta, a Carlo Lo Russo (14 anni) e a Mariano Torre (12 anni). In base alla ricostruzione accusatoria, Lo Russo deliberò l’agguato perché non aveva digerito la vicinanza di Stravato ad alcuni affiliati, capeggiati da Salvatore Scognamiglio (pure lui ucciso in altro agguato), che avevano messo in discussione la reggenza di Antonio Lo Russo (nipote di Carlo e figlio di Salvatore). Torre e Cutarelli, invece, ebbero – a parere della procura – un ruolo di ‘specchiettisti’ perché segnalarono la presenza a Marianella nei giorni precedenti al delitto, mentre Perfetto e Carrino furono quali esecutori materiali. Per la procura i fatti andarono così.

Le certezze del pm e i dubbi della Cassazione
Stesso fatti, due interpretazioni
Ma se il pm, ieri mattina, ha dimostrato certezze granitiche sull’episodio e sulla responsabilità degli imputati, i giudici della Corte di Cassazione che si sono trovati a maneggiare i contenuti dell’inchiesta sono giunti a una conclusione di segno contrario. Una conclusione che disegna l’incertezza sull’esito del processo. Nella giornata di mercoledì, infatti, gli ermellini sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso presentato dall’avvocato Claudio Davino verso la conferma delle accuse e del carcere che il Riesame aveva operato a carico di Luigi Cutarelli. Ebbene, all’esito della discussione dell’avvocato Davino, gli ermellini hanno ritenuto di dover annullare la misura restrittiva, disponendo la trasmissione degli atti ad altra sezione del Riesame per una nuova lettura degli elementi indiziari. La notizia dell’annullamento del provvedimento è arrivata proprio nelle ore in cui in Tribunale il pubblico ministero antimafia puntava l’indice, in modo deciso, contro Cutarelli. Ma qual è il ‘nodo’ della vicenda? Cutarelli e Torre – come spiegato dal penalista Davino agli ermellini – non hanno mai partecipato all’omicidio, né hanno contribuito alla sua realizzazione. Risalendo il corso dei racconti di Lo Russo e di Mariano Torre poi, ne viene fuori che l’allora boss Lo Russo, in momenti diversi, incaricò le coppie Torre-Cutarelli e poi Perfetto-Carrino di ammazzare Stravato. Tuttavia Torre e Cutarelli non si affannarono a commettere il delitto, perché entrambi conoscevano Stravato e non se la sentivano di ucciderlo. Così – come evidenziato dall’avvocato in Cassazione – i due iniziarono a prendere tempo, arrivando in una occasione a riferire al boss di aver sì visto Stravato a Marianella ma di non aver potuto agire perché non c’erano le condizioni per commettere l’agguato. Pochi giorni dopo però Stravato venne ucciso. E venne ucciso, come ammesso sia da Lo Russo che da Torre, proprio da Perfetto e Carrino. Ebbene, per la procura la condotta di Torre e Cutarelli di aver riferito di aver visto Stravato a Marianella, dove poi la vittima venne assassinata, è sufficiente a giustificare il concorso nell’omicidio da parte della coppia in qualità di specchiettisti. Di diverso avviso la difesa, a dire della quale il concorso non si è concretizzato. Una tesi, questa, che sembra aver fatto breccia nella Corte di Cassazione che ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare. Va comunque atteso il deposito delle motivazioni della decisione degli ermellini per comprendere effettivamente quale sia stato il ragionamento della Corte, ma è comunque evidentemente che la decisione apre una crepa nella ricostruzione accusatoria. Il processo proseguirà nella prossima udienza con la discussione del collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Davino (per Cutarelli), Annalisa Senese e Francesco Foreste (per Ciro Perfetto).
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venerdì, 12 Ottobre 2018 - 22:02
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