Castellammare, le indagini su Greco: legami con politici e ambienti giudiziari, quei sospetti sui piaceri ai malavitosi

L'imprenditore stabiese Adolfo Greco
di Manuela Galletta

Questo è uno degli approfondimenti dell’inchiesta ‘Olimpo’ sulla criminalità organizzata dell’area stabiese pubblicato nel quotidiano digitale di oggi, giovedì 6 dicembre, accessibile su abbonamento. Ve lo mostriamo affinché possiate toccare con mano il nostro lavoro e l’analisi che riserviamo alle inchieste e soprattutto alla ricostruzione degli spaccati in cui opera la criminalità organizzata. Per leggere il giornale basta accedere alla sezione ‘Sfoglia il Quotidiano’

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Un imprenditore «borderline». Che da vittima della camorra, ne diventa contiguo. Una contiguità scaturita dal suo ruolo di mediatore nelle estorsioni che i clan imponevano ai titolari di altre attività economiche o da quei piccoli piaceri fatti agli ‘amici’ che contano, come assicurare una visita medica – saltando le lunghe liste d’attesa – presso un centro privato di «un socio e amico» che è molto conosciuto nel mondo della sanità campana. Tutto per ottenere in cambio «tranquillità» per le proprie aziende e sconti sulle tangenti che era comunque chiamato a versare. Ché dare solo 5mila ai D’Alessandro, una volta all’anno, è «un affare» per dirla con le parole del diretto interessato.

Adolfo Greco, «l’amico degli amici» come si definiva lui alludendo alla camorra, è in carcere da ieri mattina. Gli agenti della Squadra Mobile di Napoli hanno bussato alla porta della sua abitazione alle prime luce dell’alba notificandogli l’ordinanza di 252 pagine a firma del giudice per le indagini preliminari Tommaso Perrella del Tribunale di Napoli con la quale si lega il suo nome a quello di esponenti di spicco della criminalità organizzata locale, dai D’Alessandro di Castellammare di Stabia, ai Cesarano di Pompei, passando per gli Afeltra e i Di Martino che operano tra Pimonte e Gragnano. Due sono gli episodi estorsivi che gli vengono contestati. Consumati ed entrambi aggravati dalla matrice camorristica per aver favorito la camorra. Reati dietro i quali si dipana uno scenario investigativo che guarda anche nella direzione del mondo della politica e di quello giudiziario.

Sessantotto anni compiuti lo scorso 20 aprile, Adolfo Greco non è un anonimo imprenditore. Non foss’altro che per quella torbida storia che lo insegue dagli anni Ottanta e, a causa della quale, ha pure fatto ricorso alla querela per diffamazione a mezzo stampa in occasione di alcuni articoli che la ricordavano: fu raggiunto da un provvedimento di cattura perché affiliato alla Nuova Camorra organizzata di Raffaele Cutolo, poi condannato per favoreggiamento reale per l’intestazione fittizia del Castello Mediceo di Ottaviano, infine riabilitato. Quanto al presente, Adolfo Greco è un businessman con interessi che abbracciano qualsiasi ramo degli affari: è specializzato nel settore della commercializzazione e distribuzione del latte, tanto che la sua società è concessionaria in esclusiva sul territorio di prodotti gruppo Parmalat e latte Berna; Greco ha poi investito i soldi per lanciarsi nel mercato immobiliare e in quello ricreativo-turistico. Settore nel quale ha fatto e sta facendo strada, e fortuna, un altro Greco, che di nome fa Luigi e che di Adolfo è figlio. In questa tranche di inchiesta Luigi non è indagato ma il suo nome spunta tra le pieghe delle centinaia di intercettazioni che costituiscono il dorso delle accuse ad Adolfo Greco. Viene così fuori che Luigi in diverse occasioni è stato presente a discorsi ‘delicati’ del padre e che, quanto meno, fosse a conoscenza delle pressioni che la camorra esercitava sul genitore affinché pagasse il pizzo. Viene fuori che il 6 luglio del 2015 aprì lui la porta dello stabilimento di famiglia ‘Cil’ a Francesco Afeltra detto ‘Franchino’, fratello del boss Raffaele Afeltra, che aveva un appuntamento con Adolfo Greco, nel corso del quale si parlò del favore che Greco aveva fatto al capoclan Raffaele Afeltra: «A Peppe Imperati gliel’ho buttato io nelle braccia di Raffaele…», disse Greco sottolineando di aver suggerito lui ad Imperati, imprenditore locale, di recarsi a parlare con il boss e di portargli «un fiore» dopo l’incendio subito di alcun camion. E, allora, è facile immaginare che la procura proverà a capire in che modo e in che misura la famiglia Greco sia coinvolta in queste storie. Un passaggio obbligatorio, anche alla luce del fatto che Luigi Greco è stato impegnato nella politica locale come consigliere comunale: entrò a Palazzo Farnese con le elezioni del 2013, spinto da 677 preferenze (si presentò con la lista ‘Scelta Civica’, e vi rimase fino al 2015; alle Comunali del giugno del 2018 ha poi appoggiato apertamente l’elezione a sindaco di Gaetano Cimmino. E sono proprio le conoscenze e gli agganci che Adolfo Greco vanta nel mondo della politica una delle ragioni che oggi lo vedono in prigione. Nel motivare la scelta di applicare al 68enne la misura cautelare più severa, il giudice per le indagini preliminari Perrella evidenzia come «Greco dispone inoltre di una fitta rete di conoscenze politico/amministrative/giudiziarie (delle quali sovente si vanta nel corso delle conversazioni captate) e di uno stuolo di “fiduciari” e “intermediari” che gli consentono di mantenere saldamente i contatti con esponenti della criminalità organizzata senza tuttavia esporsi eccessivamente». Parole pesanti, importanti. Che fanno il paio con un altro episodio, non penalmente rilevante, ma rivelatore della trama di conoscenze che Greco ha cucito nel tempo e sulla quale di volta in volta poteva contare in caso di necessità: nel 2013 l’imprenditore ottiene dall’allora direttore di un giornale locale il nastro della registrazione dell’udienza (pubblica) di un processo dedicato al controesame del pentito Salvatore Belviso, processo nel quale Greco non era interessato come parte ma al quale era interessato per ragioni non disvelate. «Ho sentito la registrazione – confiderà alla moglie – Non è uscito niente». A cosa si riferisse, quali fossero i suoi timori non è però chiaro.

Sono, comunque, tutte storie che lasciano pensare a nuovi sviluppi di inchiesta.  Che, a leggere gli spunti offerti dall’ordinanza, si muoveranno lungo due direttrici.  Anzitutto occorrerà capire se Greco sia andato oltre quell’odioso ruolo di ‘mediatore’ scelto per se stesso allo scopo di limitare la pressione delle tangenti che lui ed altri imprenditori hanno accettato di pagare anziché denunciare. Se, per dirla in maniera chiara, si sia ritrovato nelle condizioni di dover favorire il reimpiego di capitali illeciti della camorra in qualche attività o investimento, o se abbia messo i suoi guadagni a disposizione degli interessi dei clan. La verifica è necessaria e scontata alla luce di un particolare emerso nell’intercettazione del 16 luglio del 2014 e divenuta oggetto di un passaggio di riflessione del gip Perrella: l’imprenditore stabiese – si legge nella sintesi offerta dall’ordinanza – riceve la visita in azienda di Raffaele Afeltra, accompagnato da Umberto Cuomo, il quale gli propone un investimento di “un milione e mezzo di euro” consistente nel finanziare i lavori di realizzazione dei loculi presso il nuovo cimitero di Santa Maria la Carità che un’impresa edile di Gragnano, legata ad Afeltra, era riuscita ad aggiudicarsi.

Il secondo binario sul quale si muoveranno le indagini riguardano invece possibili favori fatti ad alcuni malavitosi sfruttando amicizie nel mondo della politica o della pubblica amministrazione. Anche questo scenario si delinea a partire da un dato fermato nell’ordinanza di custodia cautelare: il 25.3.18, si legge nel provvedimento, Greco «metteva la propria fitta rete di conoscenze politico-amministrative a disposizione della “gente di Pimonte” ed, in particolare del Cuomo, onde consentirgli di ottenere un parere favorevole da parte della Soprintendenza di Napoli in relazione ad una pratica edilizia afferente la ristrutturazione di un fabbricato sito in Agerola».

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giovedì, 6 Dicembre 2018 - 13:29
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