Accusò 3 carabinieri di essere al soldo del clan, ex vicebrigadiere ritratta: «Ho inventato tutto, volevo lo sconto di pena»

Veduta delle Vele di Scampia periferia di Napoli (foto Kontrolab)
di Manuela Galletta

«Ho inventato tutto. Quei tre carabinieri non hanno mai preso soldi dal clan». Il colpo di scena al processo per corruzione, aggravata dalla matrice camorristica, che vede sotto accusa tre carabinieri e il narcotrafficante Antonio Bastone (prima al soldo dei Di Lauro e poi passato nelle la degli scissionisti) si consuma nell’udienza di giovedì mattina, quella decisiva, quella che, nell’ottica della procura, avrebbe dovuto mettere l’ipoteca sul dibattimento che si trascina stancamente.

Mario Tomarchio, ex vicebrigadiere dei carabinieri e condannato a 12 anni di reclusione per essere stato al soldo della camorra quando indossava la divisa dell’Arma, siede sul banco dei testimoni perché chiamato a deporre dalla procura: è lui il grande accusatore dei tre carabinieri sotto accusa, è lui la persona che anni fa ha rivelato alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli che i militari dell’Arma Andrea Corciulo, Giuseppe Costanzo e Giuseppe Lisco, all’epoca dei fatti tutti in servizio alla stazione dei carabinieri di Marianella e attualmente in servizio in altre Regioni (furono trasferiti proprio a seguito dell’inchiesta), erano sul libro paga dei Bastone, proprio come lo era lui. Ed è sempre lui ad avere raccontato di avere consegnato personalmente la ‘mensilità’ a quei tre carabinieri.

Giovedì mattina, però, quel racconto non è stato ripetuto. Tomarchio lo ha azzerato, ha cancellato tutto quello che nel 2010 aveva riferito al pubblico ministero antimafia all’epoca titolare delle indagini e ha spiegato ai giudici della quarta sezione penale del Tribunale di Napoli, collegio C, di avere inventato ogni cosa. Un’affermazione che ha colto di sorpresa il pubblico ministero della Dda Vincenza Marra (che ha ereditato l’indagine quando essa era già conclusa): il magistrato inquirente ha iniziato a porre una serie di domande a Tomarchio ma il risultato finale dell’interrogatorio è stato drammatico. «Ho inventato tutto, non ho mai dato soldi del clan ai tre carabinieri», ha confermato l’ex vicebrigadiere. Spiegate anche le ragioni di quella confessione calunniosa: «Credevo di potere avere dei benefici al processo dove io ero imputato se avessi collaborato con i magistrati. Ma poi sono stato condannato comunque a 12 anni». Ecco, se Tomarchio fosse riuscito ad ottenere una pena a suo avviso più congrua alle proprie aspettative non avrebbe mai raccontato la verità, avrebbe continuato a cavalcare una storia inventata per la quale tre carabinieri innocenti (difesi dall’avvocato Bruno Cervone) hanno attraversato e stanno attraversando un vero e proprio calvario. A rendere più drammatico il odierno racconto di Tomarchio vi è un altro dato processuale: nell’udienza precedente ha testimoniato uno dei carabinieri che condussero indagini finalizzate a trovare un riscontro alle parole di Tomarchio. Ebbene, quel carabiniere ha specificato che l’attività investigativa non diede esiti positivi. Tradotto: riscontri non ne sono mai trovati. Eppure in assenza di riscontri si è arrivati al processo a carico dei tre carabinieri.

Un processo che, alla luce delle nuove rivelazioni di Tomarchio, potrebbe imboccare tutt’altra strada. Nella prossima udienza saranno chiamati a testimoniare i collaboratori di giustizia, che pure avevano lanciato accuse nei confronti dei tre militari dell’Arma. «Durante questi dieci anni abbiamo messo in risalto, ad ogni interrogatorio, l’infondatezza delle accuse mosse, abbiamo dimostrato con dati di fatti che i miei tre assistiti erano assolutamente estranei alle accuse mosse da Tomarchio, le quali oltre ad essere infondate descrivevano connette impossibili – ha commentato l’avvocato Bruno Cervone – Mi riferisco, per esempio, al fatto che Tomarchio accusava suoi tre ex colleghi di essere stati corrotto, insieme a lui, in un periodo ben preciso, peccato però che quei tre carabinieri non facevano ancora servizio a Napoli». Il rammarico dell’avvocato è che, nonostante queste forti incongruenze, i carabinieri sono comunque a processo: «Abbiamo sempre rappresentato queste assurdità ma la nostra voce è rimasta inascoltata».

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sabato, 6 Aprile 2019 - 11:09
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