Omicidio Materazzo, sentenza in tarda serata: i dubbi sollevati dalla difesa e le ultime dichiarazioni di Luca

Luca Materazzo
L'imputato Luca Materazzo
di Gianmaria Roberti

Omicidio di Vittorio Materazzo, è attesa per le 21.30 la sentenza al processo che vede sul banco imputato il fratello della vittima, Luca. Un momento della verità, comunque vada, che archivia la girandola di revoche e nomine dei difensori che ha rallentato il corso del sofferto dibattimento. Una staffetta approdata all’avvocato numero 16, nominato il 26 aprile dall’imputato, sul quale pende la richiesta di ergastolo.

Questa mattina il penalista Bruno Cervone, avvicendando il difensore d’ufficio Alfonso Maria Avitabile, ha chiesto la proroga dei termini a difesa. Ma l’istanza di rinvio, per studiare gli atti, si è infranta sulla linea Maginot della Corte d’Assise. Il presidente del collegio della terza sezione, Giuseppe Provitera, ha concesso solo due ore e mezza al legale. Un battito di ciglia, per riordinare le idee, prima dell’arringa finale. Ed era nell’aria, che la Corte volesse bloccare il tourbillon difensivo, una volta per tutte. Nell’udienza precedente, aveva prevenuto l’ennesimo ribaltone di Luca Materazzo, fissando ad oggi la camera di consiglio per il verdetto. Un ultimo atto da considerarsi improrogabile, mentre la pm Francesca De Renzis denunciava «l’abuso di garanzie difensive» dell’accusato.

Ed anche stamane il presidente Provitera ne ha stigmatizzato «la tattica dilatoria», sancendo «la non sussistenza di un diniego del diritto alla difesa attraverso la negazione del rinvio». Per il collegio, in pratica, Luca Materazzo ha cercato «di difendersi dal processo e non nel processo». In condizioni difficili, l’avvocato Cervone si è prodotto in un’accorata difesa. Ha chiesto l’assoluzione per l’assistito o, in subordine, le attenuanti generiche. Ha provato a seminare dubbi nel collegio e nella giuria popolare, evocando un comune sfondo di minacce per vittima e presunto carnefice. Una ricostruzione alternativa, imperniata su debiti da saldare e intimidazioni di un “esattore” ai due fratelli. Il difensore ha anche tentato di rimescolare le carte sul dna. Ha raccontato delle tracce di un terzo uomo sull’arma del delitto, il coltello con cui è stato massacrato Vittorio. E dopo la discussione del suo ultimo legale, l’imputato è stato autorizzato a rilasciare dichiarazioni spontanee.

Nel giorno del suo 38esimo compleanno, Luca ha parlato quasi due ore, in una sorta di seconda arringa difensiva. Ha voluto chiudere il sipario sul dibattimento, che l’oleografia giudiziaria bolla come «l’omicidio della Napoli bene», fin da principio. Fin da quella sera del 28 novembre 2016, in viale Maria Cristina di Savoia. Ha battuto il tasto della «sovraesposizione mediatica», lamentando di essere stato «distrutto dai giornalisti». Da laureato in legge, si è insuperbito, sostenendo di aver «raso al suolo la credibilità» della pubblica accusa. E ha sbandierato la sua paura, per giustificare la fuga in Spagna, dove fu catturato a gennaio 2018. La paura di essere additato come “il mostro”, perché «al supermercato, quando mi vedevano, i clienti scappavano». È l’ultima carta gettata sul tavolo di questa complessa partita: il verdetto è atteso «non prima delle 21.30», annuncia il presidente del collegio.

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martedì, 7 Maggio 2019 - 20:00
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