La Corte Europea boccia l’ergastolo ostativo: «Inammissibile proibire la riabilitazione»

Cella Carcere

Non concedere ad un ergastolano alcun tipo di beneficio, privandolo così della possibilità di ottenere permessi premio, la semilibertà o anche la libertà condizionale dopo 26 anni trascorsi in cella, è disumano. A scriverlo nero su bianco non sono gli avvocati, i costituzionalisti e neppure le associazioni che si battono per la dignità umana dei detenuti. A scriverlo nero su bianco è la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che boccia sonoramente l’Italia sul fronte dell’applicazione dell’ergastolo ostativo, quel tipo di ergastolo – per dirla fuori di giuridichese – che condanna un imputato al reale ‘fine pena mai’, quel tipo di ergastolo che non prevede attenuazioni a differenza del cosiddetto ergastolo ‘semplice’. «La dignità umana è alla base del sistema della Convenzione dei diritti umani. E’ inammissibile privare le persone della libertà senza impegnarsi per la loro riabilitazione e senza fornire la possibilità di riconquistare quella libertà in una data futura», scrivono i giudici di Strasburgo.

Allo stato la sola possibilità per un condannato con ergastolo ostativo di strappare benefici è quella di passare a collaborare con la giustizia. Ma anche su questo punto la Cedu è critica: «La mancanza di collaborazione è equiparata ad una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società» e questo principio fa si che i tribunali nazionali non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all’ergastolo ostativo. La Corte osserva che se «la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all’ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici», questa “strada” è però troppo stretta.

Nella sentenza si osserva che la scelta di collaborare non è sempre «libera», per esempio perché alcuni condannati hanno paura che questo metta in pericolo i loro familiari, e che «non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere».

La sentenza è stata emessa sulla base del ricorso presentato da Marcello Viola, in carcere dall’inizio degli anni Novanta per associazione mafiosa, omicidio, rapimento e detenzione d’armi. L’uomo, che sinora ha deciso di non collaborare con la giustizia si è visto rifiutare le richieste per i permessi premio. Nella sentenza la Corte gli ha accordato 6mila euro per le spese legali ma nessun risarcimento per i danni morali. Viola aveva chiesto 50mila euro. Inoltre i togati hanno chiarito che la decisione non implica un rilascio imminente. I giudici di Strasburgo non negano la gravità dei reati commessi da Marcello Viola, ma critica che l’uomo, non avendo collaborato con la giustizia, si sia visto rifiutare le richieste di uscita dal carcere, nonostante i rapporti indicassero la sua buona condotta ed un cambiamento positivo della sua personalità. Nella sentenza si afferma che privare un condannato di qualsiasi possibilità di riabilitazione e quindi della speranza di poter un giorno uscire dal carcere viola il principio base su cui si fonda la convenzione europea dei diritti umani, il rispetto della dignità umana.

Esultano per la sentenza di Strasburgo le associazioni che da anni si occupano di diritti dei detenuti. «Si tratta di una decisione di grande rilievo – dice il presidente di Antigone Patrizio Gonnella – La dignità umana è un bene che non si perde mai». Parla invece di «pronunciamento storico» l’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’ sottolineando che la sentenza «svuota l’art 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia».

La decisione diventerà definitiva tra tre mesi, sempre che non venga presentato ricorso.

giovedì, 6 Giugno 2019 - 18:00
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