Bufera sulle toghe, il gip Morosini: «Colpito dal linguaggio degli intercettati, nuove regole per gli incarichi semidirettivi»


Si dice «colpito», in negativo ovviamente, dal tenore delle conversazioni di alcuni magistrati intercettati dell’inchiesta della procura di Perugia che ha scoperchiato le strategie dietro le nomine dei capi di procura, un «mercato delle vacche» per dirla con le parole dell’ex magistrato, e oggi eurodeputato del Pd, Franco Roberti.

Si dice «colpito», «preoccupato» e al tempo stesso invoca la necessità di ricorrere a nuovi criteri soprattutto per il conferimento di incarichi semidirettivi, allo scopo di non mortificare, come avviene oggi, magistrati che pure hanno lavorato bene ma si vedono sbarrata ogni possibilità di accedere a ruoli di coordinamento.

Il giudice per le indagini preliminari di Palermo Piergiorgio Morosini, sino a un anno fa componente del Consiglio superiore della magistratura, parla dell’inchiesta che ha travolto la magistratura e ridotto ai minimi storici la sua credibilità agli occhi dell’opinione pubblica nel corso di un convegno a Palermo sull’attualissimo tema della separazione delle carriere di giudici e pm.

«Non è giusto che uno come me, che è stato fino a nove mesi fa al Consiglio superiore della magistratura, faccia una valutazione sul Csm e sui consiglieri, ma mi hanno molto colpito certi stili comportamentali e certe espressioni che sono emersi. Il linguaggio ascoltato (dalle intercettazioni ndr) è preoccupante per la qualità dell’intero sistema», dice Morosini. «La cosa che mi ha colpito è il linguaggio che spesso è lo specchio dell’anima nell’affrontare temi particolari – dice nel corso di un convengo sulla separazione delle carriere in corso al Palazzo di giustizia di Palermo – e qui c’è un problema di selezione della classe dirigente, di tutte le categorie. Quando assistiamo alle nostre campagne elettorali, riusciamo a stare attenti ai contenuti di quelli che si candidano? Parlano della tutela dei diritti? Trovo che ci sono candidati che parlano di tutto fuorché di questioni vere su cui ci misuriamo ogni giorno nell’attività professionale. Quel linguaggio che abbiamo sentito è davvero preoccupante. E su questo dobbiamo interrogarci».

Quanto all’assegnazione degli incarichi semidirettivi, Morosini suggerisce che essi «non dovrebbero esser più frutto di valutazione del Csm, ma andrebbero decisi all’interno dell’ufficio con una forte rotazione. Perché è un incarico di organizzazione dell’ufficio. Noi siamo formati per fare giurisdizione, poi metterei un tetto massimo agli incarichi direttivi e semidirettivi». Aggiunge Morosini: «Siccome nasci magistrato, se vuoi occuparti del coordinamento dei tuoi colleghi lo puoi fare solo per un periodo determinato. Diciamo intorno ai sei anni, su cui non si può sforare». E ancora: «Dobbiamo dare la giusta indicazione del semidirettivo, non ci sono magistrati di Serie A rispetto ai magistrati di Serie B – dice ancora Morosini che ha fatto parte dell’o scorso Csm – L’altro giorno un collega di 65 anni mi ha detto che si sente un fallito perché non ha mai ricoperto un incarico, né direttivo né semidirettivo, e suo figlio che ha 30 anni è un collega e glielo ricorda tutti i giorni».

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martedì, 18 Giugno 2019 - 12:04
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