A leggere gli atti dell’inchiesta sui bambini strappati ai propri genitori con l’inganno e poi affidati ad altre famiglie, si fa fatica ad accettare l’idea che un simile orrore si possa essere consumato. Si fa fatica ad accettare che alcuni assistenti sociali, piegando le leggi a proprio piacimento e giocando cinicamente sulla psiche di anime indifese e facilmente suggestionabili quali sono i bambini, abbiano imbastito con bieco cinismo un business di affidi per soddisfare la voglia di paternità e maternità di coppie di loro conoscenza. Tutto, ovviamente in cambio di soldi.
Eppure è questa la storia impietosa che viene fuori dalle poco più di 200 pagine di ordinanza di custodia cautelare che ieri mattina ha travolto la Val D’Enza (in Emilia Romagna) e la sua rete dei servizi sociali, portando all’arresto – ai domiciliari – anche del sindaco di Bibbiano neo-eletto in quota Pd, Andrea Carletti. Il meccanismo – così come ricostruito dalla procura (inchiesta coordinata dal pm Valentina Salvi) – era semplice: motivare i provvedimenti di allontanamento rispettando, sulla carta, i presupposti indicati dalla legge. E, se i presupposti realmente mancavano, allora si inventavano. Si mettevano per iscritto, ad esempio, dichiarazioni mai rese dai bambini che si volevano allontanare. Frasi del tipo: «Mia mamma non fa più da mangiare perché dice papà non le da i soldi per la spesa». O si attestavano circostanze (false) particolarmente allarmanti che diventano spia di un degrado familiare sul quale non si poteva non intervenire: «All’interno dell’abitazione c’era cibo avariato lasciato sui mobili da diversi giorni»; in un’altra circostanza si è parlato di casa «piena di muffe, con una grave situazione di degrado. La camera da letto si presenta con dei materassi per terra, ceste di vestiti ammassati, mobili malmessi» (versione poi smentita da parte dei carabinieri di Montecchio Emilia). Addirittura una difficoltà nella defecazione diventavano invece gemiti di natura sessuale. Peggio ancora, gli assistenti sociali indagati avrebbero ingigantito e attribuito significati ambigui finanche a un semplice bacetto che padre e figlia si erano dati sulle labbra al momento di un saluto. In altri casi si ipotizzavano abusi sessuali da parte del padre o generiche situazioni di «abuso» non corrispondenti a verità.
Poi scattava la seconda fase: incidere sulla psiche del minore che si doveva allontanare, indurlo a pensare che certi atteggiamenti erano frutto di violenze subite ma dimenticate. Si è arrivati a sottoporre i bambini ad un trattamento «consistente nell’utilizzo di uno strumento ad impulsi elettromagnetici (neurotek), con cavi che la minore doveva tenere tra le mani», e questo «senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria» e «in assenza di un valido consenso informato da parte degli esercenti la responsabilità genitoriale». Una modalità di ‘cura’ affiancata da incessanti e pesanti sedute psicologiche presso la onlus di Moncalieri (in provincia di Torino) ‘Hansel e Gretel’ (unica appaltatrice dei trattamenti) che secondo la procura servivano invece per inoculare nei bambini ricordi di violenze mai subite, per screditare le figure genitoriali e soprattuto per giustificare la necessità di altre sedute psicologiche per le quali ovviamente venivano corrisposti soldi.
Sono circa una decina i bambini rimasti stritolati da questo meccanismo. Un meccanismo che gli inquirenti hanno scoperto solo perché hanno dovuto attivare indagini a seguito dei resoconti degli assistenti sociali sulle ragioni degli allontanamenti dei minori. In un caso, infatti, si faceva esplicito riferimento a possibili abusi su minori, ragion per cui la procura ha aperto un fascicolo. Ma iniziando a scavare, iniziando a mettere a confronto quelle numerose segnalazioni (cui non erano mai corrisposte denunce alle forze dell’ordine), gli inquirenti hanno scoperto che le storie riportate erano inventate. Che quelle storie erano la risultanza di reati di falso ideologico in atto pubblico, frode processuale e depistaggio, nonché lesioni personali di natura psichica ai danni di almeno cinque bambini. Ed è così che gli inquirenti hanno iniziato ad ascoltare le presunte vittime di violenza. Ed è così che la verità ha assunto tutt’altri contorni. Niente maltrattamenti, men che meno abusi. Ma solo il dolore dei bambini di non potere abbracciare più mamma e papà. Un desiderio in qualche caso fermato in una lettera consegnata ai servizi sociali ma mai trasmessa ai genitori (i carabinieri l’hanno recuperato tra gli atti del fascicolo esistente presso il servizio sociale): «Caro papà mi manchi tanto. Spero che ci rivedremo il più presto possibile. Mi potresti scrivere un biglietto o un messaggio più spesso perché di te non ho ricevuto nessun biglietto e quindi mi sono chiesta il perché. Scrivimi, papà. Lo aspetto con tutto il cuore, ti voglio un bene gigante e infinito». Niente maltrattamenti, dunque, se non quelli subiti dopo l’allontanamento. E, in tal caso, stiamo parlando – come emerge dagli atti – di violenze psicologiche, che hanno alterato i ricordi di questi bambini, instillando in loro circostanze di abusi mai avvenuti. Il gip, a tal proposito, parla infatti di un «pesante condizionamento» ai danni dei bambini.
Una storia impietosa. Che, secondo gli inquirenti, ha come denominatore il denaro. Nell’ordinanza, infatti, di «un business illecito di diverse centinaia di migliaia di euro di cui beneficiavano alcuni degli indagati, mentre altri si avvantaggiavano a vario titolo dell’indotto derivante dalla gestione dei minori attraverso i finanziamenti regionali».
sabato, 29 Giugno 2019 - 13:10
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