Processo ‘Olimpo’ ai clan stabiesi: Greco vittima e imputato nella stessa causa, ancora stallo sulle intercettazioni

L'imprenditore stabiese Adolfo Greco
di Roberta Miele

È ripreso così come era terminato (la scorsa udienza) il processo ad Adolfo Greco e ad alcuni esponenti (tali o presunti) della criminalità organizzata del circondario stabiese: con il nodo intercettazioni e la costituzione delle parti civili. Con la differenza che a costituirsi parte civile nell’udienza di oggi, dinanzi al tribunale di Torre Annunziata, è stato lo stesso imprenditore stabiese. Da luglio 2014 fino allo stesso mese del 2015, il ‘re del latte’ è stato vittima di ripetute estorsioni da parte – recita l’accusa – di Giovanni Cesarano, Aniello Falanga e Luigi Di Martino. A loro l’imprenditore stabiese ha dovuto pagare un pizzo annuale, dapprima di 10mila euro, poi aumentata a 12mila.

Nell’aula Siani, dinanzi al collegio presieduto dal giudice Riccardo Sena, si è discusso soprattutto delle intercettazioni. Come successo durante la seduta precedente, gli avvocati dei sei imputati hanno insistito sulla lesione del diritto di difesa in quanto sussistono gli ‘omissis’ sugli atti depositati dal pm antimafia Cimmarotta. Documenti su cui si fondano le intercettazioni che, se omessi, non consentono il «vaglio di legittimità» da parte delle difese. Una carenza inaccettabile secondo  l’avvocato Ettore Stravino (difensore di Greco), per il quale «ne va della tenuta democratica del Tribunale». Ma l’accusa ha depositato anche altro: le integrali iscrizioni nel registro degli indagati degli imputati, bersagliate dalla difesa, oltre che per le carenze, anche per le dichiarazioni risalenti al 22 marzo 2012 del collaboratore di giustizia Salvatore Belviso e poste alla base dell’iscrizione. Frasi che più che contenere elementi significativi per il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, secondo l’avvocato Vincenzo Maiello (difensore di Greco) «tratteggiano la figura di Greco come periodicamente estorto dal clan D’Alessandro». Gli stessi contatti con Paoluccio Carolei sono avvenuti perché era a quest’ultimo che Greco consegnava il denaro. Dunque, per i legali, l’imprenditore è vittima, non carnefice. Lo stesso pentito Belviso ha poi sostenuto che «grazie alla sua amicizia con Pasqualino D’Alessandro, Greco aveva il monopolio della distribuzione del latte e di altri prodotti alimentari a Castellammare di Stabia, ciò da molti e molti anni».

Troppo poco, secondo la difesa, per parlare di concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Le eccezioni sono del tutto respinte dal pubblico ministero, precisando che gli atti depositati sono ‘omissati’ solo nelle parti che riguardano altri soggetti e reati, non attingono quindi al giudizio in oggetto. Spunta anche una relazione del 3 luglio, prodotta dall’accusa, sulle condizioni di salute di Greco, ancora in custodia cautelare nel carcere di Secondigliano. Il documento, per il pm, evidenzia il buono stato dell’imputato, i cui legali hanno chiesto la scarcerazione. Restano ancora diversi nodi da sciogliere, tanti da spingere il Tribunale a prendere tempo e a disporre un nuovo rinvio dell’udienza.

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lunedì, 8 Luglio 2019 - 18:06
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