Diffamazione, stop del M5S al carcere
per giornalisti e alle ‘querele temerarie’

montecitorio
di Tina Raucci

Accantonati gli attacchi e i ‘botta e risposta’ tra i grillini e i giornalisti, i parlamentari del Movimento Cinque hanno presentato una proposta di legge che mira a depenalizzare il reato di diffamazione. La proposta è a prima firma della deputata M5s Mirella Liuzzi ed è stata sottoscritta anche dalla collega Francesca Businarolo, presidente della commissione Giustizia di Montecitorio. «Le querele sono spesso utilizzate non come uno strumento di tutela effettiva della propria reputazione, piuttosto come un mezzo di intimidazione. Vengono sporte, infatti, dai potenti o dai furbi» ha dichiarato la Businarolo a mezzo stampa.

«Il sistema dell’informazione in Italia ha molti problemi, a cominciare da quelli di carattere mondiale che riguardano la sfida delle nuove tecnologie, a quelli più nostrani, ad esempio l’insistenza al racconto dei fatti basato sui retroscena o sugli ‘eroismi’. Ma, a parte questo, è indubbio che non si può tollerare il carcere per i giornalisti» ha approfondito l’esponente pentastellata.

La proposta mira anche a limitare la pratica delle cosiddette “querele temerarie”, allo scopo di intimidire i giornalisti, attenuando la portata delle norme in vigore in materia di risarcimento. Se la proposta venisse approvata, le testate online registrate avrebbero 3 giorni per la pubblicazione di eventuale rettifica. Nel caso in cui non si provveda, l’ammontare della sanzione sarà «da un minimo di 8mila euro ad un massimo di 16mila». Secondo la proposta del Movimento Cinque Stelle, le disposizioni della legge sulla stampa del ’48 verranno estese anche alle testate online («sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione»).

Relativamente al risarcimento viene aggiunto un articolo alla disciplina del ’48: «Nella determinazione del danno derivante da diffamazione, commessa con il mezzo della stampa o della radiotelevisione, il giudice tiene conto della diffusione quantitativa e della rilevanza nazionale o locale del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità dell’offesa, nonché dell’effetto riparatorio della pubblicazione e della diffusione della rettifica. Nei casi previsti dalla presente legge, l’azione civile per il risarcimento del danno alla reputazione si prescrive in due anni dalla pubblicazione».

Sul tema si è attivato anche il Partito Democratico, presentando una proposta di legge a firma di Walter Verini e Andrea Romano contro le querele temerarie e la diffamazione a mezzo stampa. Già nella scorsa legislatura la Camera approvò una riforma relativa al reato di diffamazione, con la soppressione della pena carcereraria per i giornalisti, ma l’iter legislativo non ebbe ulteriori sviluppi e si arenò.

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martedì, 9 Luglio 2019 - 11:34
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