Processo ‘Olimpo’ ai clan stabiesi, chiesta la scarcerazione di Greco: «E’ una larva umana, così si ferisce il senso di umanità»

L'imprenditore stabiese Adolfo Greco
di Roberta Miele

Questo è uno degli articoli di approfondimento pubblicati sul numero di oggi, martedì 16 luglio, del quotidiano digitale. Il quotidiano digitale ospita approfondimenti su temi di Giustizia, inchieste e il resoconto dettagliato dei processi scaturiti da fatti di cronaca di particolare rilievo: per leggere il quotidiano digitale è necessario abbonarsi. 

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Per un nodo che si scioglie, un altro si crea nel processo a carico di Adolfo Greco. Il tribunale, che ha sciolto la riserva sulle intercettazioni, adesso dovrà decidere sulle esigenze carcerarie dell’imputato principale, ridotto ormai ad «una larva umana». L’imprenditore stabiese non era neppure collegato con l’aula Siani, avendo rinunciato alla videoconferenza dal carcere di Secondigliano.

Ci sono volute due udienze per giungere ad una decisione sulle intercettazioni acquisite durante le indagini, alla fine – nella giornata di ieri – il presidente del collegio, Riccardo Sena, si è pronunciato: rigettate le deduzioni delle difese. Le registrazioni, adesso, dovranno essere trascritte. Per questo motivo il giudice, subito dopo la decisione, ha nominato i periti, i dottori Porto e Verde, che si occuperanno della trascrizione. Lo stesso hanno fatto le difese, che hanno nominato i consulenti di parte.

Gli animi si sono poi scaldati sul secondo punto cardine dell’udienza di stamattina: lo stato di salute di Greco. L’argomento ‘misure cautelari’ è già stato affrontato nell’udienza precedente. Gli avvocati Vincenzo Maiello ed Ettore Stravino avevano richiesto la scarcerazione dell’imputato, detenuto nella struttura penitenziaria dallo scorso dicembre. Richiesta non accolta dal tribunale. La questione però non è terminata lì. L’avvocato Maiello ha dichiarato di non voler ‘contestare’ la decisione per proporre, come è successo, una nuova richiesta: «Non una revoca» ma una «rimodulazione del grado di esigenze cautelari anche connesse» alle condizioni di salute di Greco, disponibile ai domiciliari anche fuori regione. Se il rischio di suicidio era alla base della prima istanza, stavolta le ragioni sono duplici e più complesse. È acclarato, ha spiegato l’avvocato Vincenzo Maiello, che la depressione di Greco sia collegata allo stato di detenzione», così come è pacifico che si tratti di una malattia grave. In una situazione del genere, si è chiesto il difensore, come sia possibile che il rischio di reiterazione del reato sussista ancora. Non solo. «Il signor Greco versa in una condizione psichica penosa per cui la protrazione della custodia cautelare in carcere ferisce il senso di umanità». La questione non è la possibilità che l’imputato si suicidi, ma la sua qualità della vita all’interno dell’istituto carcerario. «Può l’ordinamento acquietare la propria coscienza per il fatto che sia garantita la sopravvivenza fisica» del detenuto senza preoccuparsi delle condizioni dello stesso. A sostegno dell’istanza il legale pone anche una questione strettamente giuridica, ossia la costituzione dell’imprenditore a parte civile nello stesso procedimento. Una situazione che per Maiello implica anche la posizione antagonistica dell’assistito rispetto ai clan camorristici. Sul punto l’accusa è stata costretta a riservarsi di rispondere poiché in aula era presente, in sostituzione del titolare Cimmarotta, il pm Fabrizio Vanorio, riserva adottata anche dal tribunale.

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martedì, 16 Luglio 2019 - 16:13
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