Infiltrarsi negli ambienti della pubblica amministrazione per controllare dall’interno la gestione della cosa pubblica, gli appalti, e per riuscire ad entrare in contatto con la gente che conta. Infiltrarsi negli ambienti della pubblica amministrazione usando come ‘cavallo di troia’ i politici locali, indipendentemente dal loro colore politico. Ché la ‘ndrangheta non guarda alla tessera di partito dei suoi agganci ma semplicemente al tipo di tornaconto che essi possono offrire. E, allora, porte e portafoglio aperti per esponenti tanto di destra quanto di sinistra. Purché il gancio svolga bene il proprio compito.
L’inchiesta ‘Libro nero’ sulla ‘ndrangheta, che stamattina è sfociata, nel territorio di Reggio Calabria, in 17 arresti (12 in carcere e 5 ai domiciliari) descrive in maniera plastica la recente infiltrazione della cosca dei Libri (una delle più potenti articolazioni della ‘ndrangheta unitaria, che controlla nella città di Reggio Calabria i quartieri Cannavò, Condera, Reggio Campi, Modena, Ciccarello, San Giorgio e le frazioni di Gallina, Mosorrofa, Vinco e Pavigliana) nel mondo della pubblica amministrazione e, nel caso specifico, della Regione. In carcere è finito il capogruppo in Consiglio regionale di Fratelli d’Italia Alessandro Nicolò (anche attuale coordinatore provinciale del partito); il capogruppo del Partito democratico Sebastiano Romeo è stato sottoposto ai domiciliari. Tra gli indagati, a piede libero, c’è anche l’ex assessore regionale, nonché avvocato penalista, Demetrio Naccari Carlizzi (PD), cognato dell’attuale sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà (quest’ultimo estraneo all’inchiesta).
Ma non solo: tra gli arrestati vi è anche il medico odontoiatra Giuseppe Tortorella, ex assessore all’Urbanistica negli anni ’90 del Comune di Reggio Calabria. L’uomo è stato posto ai domiciliari. Ciò che lascia basiti è un’intercettazione nel corso della quale Tortorella compara la sua condotta criminale a quella del boss di Cosa Nostra, Totò Riina, e si vanta persino di essere più feroce del capo dei capi di Corleone. «Sai come ragiono io? Come Mimmo Tortorella. Sai qual è la differenza fra me e Riina? Che Riina li squaglia, li squaglia nell’acido. Io me li porto a Cannavò. Ho una ‘livara’ (albero d’ulivo, ndr). Li appendo là con una corda e una scimitarra. Ogni tanto gli taglio un pezzo e gliene do al cane», dice. Proprio la figura di Tortorella viene ritenuta centrale dalla Direzione distrettuale antimafia nella strategia della ‘ndrangheta di insinuarsi negli ambienti politici: la ‘ndrangheta «ha saputo elaborare, tramite il medico odontoiatra Giuseppe Demetrio Tortorella, con un passato di consigliere e assessore all’urbanistica al comune di Reggio Calabria e Stefano Sartiano, raffinate strategie finalizzate a consentire l’elezione di persone che potessero agire quali loro preposti negli organismi istituzionali», scrivono gli inquirenti.
Il sistema per aprirsi un varco nei palazzi del potere è sempre lo stesso: garantire sostegno elettorale al politico disposto a scendere a patti. Questo sarebbe accaduto, secondo quanto sostengono gli inquirenti, durante le elezioni regionali del 2014 e sarebbe accaduto, in particolare, nel caso dell’attuale capogruppo in Consiglio regionale Alessandro Nicolò (Fratelli d’Italia), che all’epoca si candidò con Forza Italia. «L’ascesa politica del Consigliere Regionale Alessandro Nicolò – scrivono gli inquirenti – è stata costantemente supportata, fin dagli inizi, dalla cosca Libri. L’attività di indagine ha fornito elementi sulla centralità del ruolo svolto, per conto della citata cosca, dal binomio Tortorella/Sartiano in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale del novembre 2014. In quella tornata elettorale, la cosca ha convogliato parte del proprio cospicuo bacino di preferenze elettorali, in cambio di favori, verso Nicolò, il quale venne eletto consigliere regionale in quota Forza Italia, salvo poi transitare nel partito Fratelli d’Italia, di cui è l’attuale coordinatore provinciale». Come comunicato da Fdi, «Niccolò è stato immediatamente allontanato da Fratelli d’Italia a scopo cautelativo» e il partito è pronto a costituirsi «parte civile in un eventuale processo a suo carico».
Diverse invece le contestazioni mosse ai due esponenti del Pd, Romeo e Naccaro Carlizzi, che sono stati immediatamente sospesi dal partito, che a Reggio Calabria è commissariato. «Il quadro che emerge dall’inchiesta di Reggio Calabria è preoccupante per cui esprimo piena e totale fiducia nel lavoro della magistratura con l’auspicio che si faccia chiarezza in tempi brevi», ha subito commentato il commissario Stefano Graziano (consigliere regionale in Campania). «L’inchiesta farà il suo corso ma il codice etico del Partito Democratico prevede l’immediata sospensione degli iscritti coinvolti. Applichiamo ad horas questa misura a tutela dell’intera comunità democratica calabrese che crede nella legalità e ne fa un valore fondante – ha aggiunto Graziano – Restiamo garantisti ma è chiaro che ora il Partito democratico calabrese non può più rimandare l’avvio di un percorso di radicale rinnovamento».
Romeo deve rispondere di tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio in concorso con Francesco Romeo (maresciallo della guardia di Finanza) e Concetto Laganà (esponente del Partito Democratico di Melito Porto Salvo). Secondo l’accusa «Francesco Romeo ha inteso avvicinare ed incontrare di persona Sebastiano Romeo, attraverso Laganà, con lo scopo di rivelare al consigliere regionale notizie riservate su attività di indagine che lo riguardavano, in cambio di favori personali».
Naccaro Carlizzi, che è anche avvocato penalista, è invece accusato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso.
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mercoledì, 31 Luglio 2019 - 13:23
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