Processo ‘Olimpo’ ai clan stabiesi, riparte il dibattimento a carico di Greco e cinque imputati: primi testi in aula

L'imprenditore stabiese Adolfo Greco
di Roberta Miele

Si riparte con le prime deposizioni. Lunedì entrerà nel vivo il processo a carico del noto imprenditore stabiese Adolfo Greco e di esponenti (presunti o tali) dei clan del circondario stabiese. Superate le questioni preliminari che hanno tenuto banco per diverse udienze, dinanzi ai giudici del Tribunale di Torre Annunziata (presidente Riccardo Sena) sfileranno i primi testi convocati dalla pubblica accusa.

Sul banco degli imputati, oltre all’imprenditore, ci sono il boss Luigi Di Martino ‘o profeta (a capo dei Cesarano), Michele e Raffaele Carolei (fratelli del ras Paolo, pure lui dei Cesarano), Attilio Di Somma e Umberto Cuomo. Tutti hanno deciso di proseguire con il rito ordinario dopo la notifica del giudizio immediato a differenza di altri imputati che hanno scelto il rito abbreviato, che comincerà ad ottobre dinanzi al gip Dario Gallo.

Contestati a vario titolo i reati di estorsione, tentata e consumata, aggravata dalla matrice camorristica. Greco, in particolare, è accusato di avere fatto da anello di congiunzione tra i malavitosi e alcune vittime nell’imposizione del ‘pizzo’. Tesi opposta quella sostenuta dalla difesa, costituita dagli avvocati Vincenzo Maiello ed Ettore Stravino: secondo i penalisti, il ‘re del latte’ è vittima di ripetute estorsioni da parte di Giovanni Cesarano, Aniello Falanga e Luigi Di Martino. A loro l’imprenditore, dal luglio 2014 allo stesso mese del 2015, ha dovuto pagare un pizzo annuale dapprima di 10mila euro, poi aumentato a 12mila. Tant’è che nello stesso processo che lo vede imputato, Greco si è costituito parte civile, così come è accaduto per il filone con rito abbreviato.

Nel corso delle tre udienze tenutesi a luglio, due sono gli aspetti che hanno monopolizzato le discussioni in aula. Innanzitutto la questione intercettazioni. Gli avvocati dei sei imputati hanno insistito sulla lesione del diritto di difesa per la presenza di ‘omissis’ sugli atti depositati dal pm antimafia Giuseppe Cimmarotta. Documenti su cui si fondano le intercettazioni, le cui carenze, per i penalisti, non consentono il «vaglio di legittimità» da parte delle difese. Nel mirino degli avvocati anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Belviso, poste alla base dell’iscrizione nel registro degli indagati. Le frasi, più che delineare elementi significativi per la condotta di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, secondo l’avvocato Maiello, «tratteggiano la figura di Greco come periodicamente estorto dai D’Alessandro». Di tutt’altro avviso il pubblico ministero che ha evidenziato come gli ‘omissis’ degli atti riguardino altri soggetti e reati, e dunque non attingono al giudizio in oggetto.

Le eccezioni, comunque, sono state rigettate. Per questo motivo, il tribunale ha nominato i periti Porto e Verde, che si occuperanno della trascrizione delle intercettazioni. Così come è stata rigettata la richiesta di rimodulazione della misura cautelare in carcere. Greco è detenuto dal mese di dicembre 2018 nel carcere di Secondigliano, misura che è causa della depressione dell’imputato, ormai ridotto ad «una larva umana», come sostenuto dalla difesa. Tanto da rinunciare alla videoconferenza dall’istituto penitenziario durante l’ultima udienza. In una situazione del genere, si è chiesto l’avvocato Maiello, come sia possibile che il rischio di reiterazione del reato sussista ancora. Nulla da fare: il tribunale ha rigettato anche questa richiesta.

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sabato, 7 Settembre 2019 - 02:18
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