Strage di Nassiriya, Cassazione conferma condanna al risarcimento dell’ex generale Stano: nell’attentato morirono 19 italiani

Cassazione

La condanna in sede civile a risarcire le 19 vittime (12 militari dell’Arma, cinque dell’Esercito e due civili) della strage di Nassiriya è stata confermata. In via definitiva. La terza sezione civile della Corte di Cassazione – come riportato dall’Adnkronos – ha condannato a provvedere al risarcimento l’allora generale Bruno Stano che all’epoca guidava la Brigata meccanizzata Sassari nella città irachene ed era responsabile della missione “Antica Babilonia”: Stano, che ha affrontato anche un processo penale dal quale però è stato assolto, è stato ritenuto dai giudici di Palazzo Cavour responsabile di avere esposto i militare a un rischio eccessivo.

I giudici hanno, dunque, confermato la sentenza che fu disposta il 15 febbraio del 2017 dai giudici della Corte d’Appello di Roma: in quella sentenza i giudici riconobbero che le difese della base non fossero adeguate ai rischi e rilevarono che Stano ignorò gli allarmi dell’intelligence. Poco più di quindici giorni prima il Sismi aveva avvertito di un “attacco in preparazione al massimo entro due settimane”, precisando anche che c’era un “camion di fabbricazione russa con cabina più scura del resto”. Solo una settimana prima dell’appuntamento con la morte sempre il Sismi aveva detto che «terroristi siriani e yemeniti» si stavano per trasferire a Nassiriya. Tutti allarmi che indussero la Corte d’Appello (sezione civile) a sottolineare «l’evidente sottovalutazione di un allarme così puntuale e prossimo».

Gli ermellini hanno invece confermato l’assoluzione per l’allora colonnello dei carabinieri Georg Di Pauli, oggi generale e all’epoca responsabile della base ‘Maestrale’. Secondo quanto emerso dai processi, prima in sede penale e poi civile, Di Pauli tentò di far salire il livello di guardia e di protezione ma dai superiori non ottenne le misure sperate.

La base militare «Animal House» fu fatta saltare in aria con un camion-bomba. Era il 12 novembre del 2003. Nell’attentato persero la vita il 22enne Pietro Petrucci, di Casavatore (in provincia di Napoli), caporale dell’Esercito. Petrucci era era un volontario in ferma breve e in missione in Iraq con l’incarico di conduttore di automezzi. Viveva a San Vitaliano, in provincia di Napoli, il vicebrigadiere Giuseppe Coletta: 38 anni e originario di Avola (in provincia di Siracusa), era in servizio al comando provinciale di Castello di Cisterna; lasciò una moglie e una bimba di 2 anni. Era originario di Pozzuoli (in provincia di Napoli) ma risiedeva a Roma con la moglie e i tre figli, il 44enne Alfonso Trincone: il sottufficiale era in forze al Noe, il Nucleo operativo ecologico che dipende dal Ministero dell’Ambiente.

Domenico Intravaia aveva 46anni e veniva da Monreale, in provincia di Palermo: era appuntato dei carabinieri in servizio al comando provinciale di Palermo; era sposato e con due figli che all’epoca aveva 16 e 12 anni. Dalla Sicilia provenivano anche Orazio Majorana, Giovanni Cavallaro, Alfio Ragazzi, tutti carabinieri. Majorana, 29enne di Catania, era carabiniere scelto in servizio nel battaglione Laives-Leifers in provincia di Bolzano; Cavallaro, 4enne di Nizza Monferrato, era maresciallo in servizio al comando provinciale di Asti e aveva una bimba di 4 anni; Alfio Ragazzi, 39 anni, era maresciallo dei carabinieri in servizio al Ris di Messina, sposato e con due figli di 13 e 7 anni. Anche il 28enne Emanuele Ferraro era siciliano: veniva da Carlentini (Siracusa); era caporal maggiore scelto in servizio permanente di stanza nel 6/o Reggimento trasporti di Budrio (Bologna).

Nell’attentato persero la vita anche il 30enne Ivan Ghitti, di Milano, carabiniere di stanza al 13/mo Reggimento Gorizia; il 30enne Daniele Ghione (di Finale Ligure, in provincia di Savona), maresciallo dei carabinieri in servizio nella compagnia Gorizia; il 56enne Enzo Fregosi, ex comandante dei Nas di Livorno dove viveva con la moglie e due figli; il 40enne Massimiliano Bruno, maresciallo dei carabinieri di origine bolognese, biologo in forza al Raggruppamento Investigazioni scientifiche (Racis) di Roma; il 33enne Andrea Filippa, torinese, carabiniere dall’età di 19 anni; il maresciallo 40enne Filippo Merlino, originario di Sant’ Arcangelo (Potenza), al comando della stazione dei carabinieri di Viadana (Mantova); il 35enne Massimo Ficuciello, tenente dell’Esercito, figlio del generale Alberto Ficuciello; il 32enne Silvio Olla, dell’isola Sant’ Antioco (Cagliari), sottufficiale in servizio al 151/o Reggimento della Brigata Sassari; il 23enne Alessandro Carrisi (di Trepuzzi , in provincia di Lecce), caporale volontario in ferma breve, anche lui in servizio nel 6/o Reggimento trasporti di Budrio.

I due civili che rimasero uccisi si chiamavano Stefano Rolla, 65 anni di Roma, aiuto regista he stava facendo i sopralluoghi per un film documentario che avrebbe dovuto girare il regista Massimo Spano, e Marco Beci, 43 anni, funzionario della cooperazione italiana in Iraq.

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martedì, 10 Settembre 2019 - 12:49
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