Omicidio dell’innocente Ciro Colonna e del boss Cepparulo, conto alla rovescia per la sentenza: il pm ha chiesto 8 ergastoli

Ciro Colonna, il 19enne ammazzato per errore in un agguato di camorra

Otto imputati, altrettante richieste di ergastolo. Mercoledì 18 settembre, salvo rinvii dell’ultima ora, si chiuderà il processo (con rito abbreviato) che punta a stabilire ruoli e responsabilità nell’agguato di camorra che il 7 giugno del 2016 costò la vita al boss della Sanità Raffaele Cepparulo detto ‘Ultimo’ (obiettivo dei killer) e al 19enne Ciro Colonna, vittima innocente della camorra.

A maggio il pubblico ministero Antonella Fratello, che ha coordinato l’inchiesta e sostiene l’accusa in giudizio ha chiesto il carcere a vita per il boss di San Giovanni a Teduccio Ciro Rinaldi detto Maué (accusato di essere mandante), Michele Minichini (che sparò a Cepparulo ed ha ammesso le sue responsabilità in una lettera inviata alla famiglia di Ciro Colonna), Antonio Rivieccio (accusato di avere ucciso Colonna), Anna De Luca Bossa (che ebbe il ruolo di ‘filatrice’ e ha ammesso le sue responsabilità), le ‘pazzignane’ Vincenza Maione e Luisa De Stefano (pure loro hanno ammesso gli addebiti) e Giulio Ceglie.

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Secondo l’accusa l’ordine di uccidere Cepparulo – che aveva lasciato alla Sanità perché all’epoca era in atto la guerra tra il suo gruppo e i Vastarella – arrivò da Ciro Rinaldi, il quale s’era convinto che Cepparulo volesse ucciderlo per fare un piacere ai Mazzarella, gruppo quest’ultimo da sempre in contrasto coi Rinaldi. Del commando fece parte anche Minichini, al quale è pure attribuito un ruolo di co-mandante. Per descrivere la ferocia di Minichini, il ras di Marigliano Luigi Esposito ‘o sciamarro usò queste parole (agli atti anche di un’altra indagine per camorra): «Questi quando scendono.. portano la morte sulle spalle.. credimi… è finita.. vedono proprio le luci spente…». L’agguato si consumò all’interno di un circoletto ricreativo del Lotto O a Ponticelli, gestito da Umberto De Luca Bossa e situato nello stesso stabile nel quale abitava Anna De Luca Bossa, che per questa ragione fu scelta come ‘filatrice’.

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L’inchiesta poggia su numerose intercettazioni (già attivate nell’ambito di un procedimento per droga), che hanno catturato alcune fase antecedenti e immediatamente successive all’agguato. Contro le intercettazioni, però, si sono scagliati gli avvocati di Ciro Rinaldi, i quali – in sede di discussione – hanno rilevato come le conversazioni, che descrivono in maniera incontestabile la fase organizzativa dell’omicidio, non riguardano direttamente Ciro Rinaldi. Per dirla più semplicemente, in nessuna delle intercettazioni si sente la voce di Ciro Rinaldi mentre si fa riferimento alla pianificazione dell’agguato che si è consumato il 7 giugno del 2016 in un circoletto ricreativo al Lotto 0, al piano terra dello stabile in cui abitava Anna De Luca Bossa (imputata). I riferimenti a Ciro Rinaldi li fanno terze persone, indicandolo col soprannome ‘Mauè’ e sostenendo di avere parlato con lui circa l’intenzione di eliminare Cepparulo. C’è poi un’altra conversazione in cui si parla delle armi da usare nel raid, in cui si fa riferimento allo ‘zio’. E lo ‘zio’ per gli inquirenti non è altri che Cepparulo. Ma per la difesa si tratta di una deduzione. La difesa ha inoltre evidenziato altri due aspetti che renderebbero deboli le accuse mosse a Rinaldi (per leggere il servizio completo basta cliccare sul link). La parola adesso spetta al giudice per le indagini preliminari per le indagini preliminari Romano del Tribunale di Napoli.

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lunedì, 16 Settembre 2019 - 12:10
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