Caso Alfonso Papa, l’Appello dichiara la prescrizione dei 3 reati per i quali il politico fu condannato in primo grado

Tribunale di Napoli
Il Tribunale di Napoli
di Manuela Galletta

Le accuse per le quali l’ex deputato del Pdl ed ex magistrato Alfonso Papa fu condannato in primo grado a 4 anni e sei mesi non sono state cancellate: Papa ha promesso ad imprenditori notizie riservate su indagini in corso a loro carico ottenendo in cambio soldi e regali. Ma per questi reati, catalogati sotto la voce di induzione alla concussione (due episodi) e istigazione alla corruzione (un episodio), Alfonso Papa non sconterà alcuna condanna. Motivo: sono stati superati i termini di legge per procedere alla punibilità della condotta contestata. Detto in altri termini, la prescrizione ha divorato il processo.

E’ per questa ragione che ieri pomeriggio, 25 settembre, i giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Napoli (presidente Vincenzo Alabiso, a latere Maria Grassi e Maria Dolores Carapella) hanno chiuso il processo – scaturito dalle indagini sulla cosiddetta ‘P4’ -dichiarando il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione dei reati, e non l’assoluzione come erroneamente rappresentato da numerosi organi di stampa. Nel dispositivo di sentenza, inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibile l’appello che la procura di Napoli aveva presentato avverso alcune contestazioni rispetto alle quali Papa era stato assolto in primo grado e per un altro capo d’accusa il ricorso del pm è stato rigettato.

Il processo di primo grado per Alfonso Papa si chiuse il 22 dicembre del 2016. La sentenza fu stabilita dai giudici della prima sezione penale del Tribunale di Napoli, presidente Pellecchia, che accolse in buona parte le istanze dei pubblici ministeri Henry John Woodcock e Celeste Carrano (i quali chiesero 8 anni per tutte le accuse). I due episodi di induzione alla concussione per i quali l’ex parlamentare venne dichiarato colpevole sono stati commessi nei confronti degli imprenditori Alfonso Gallo e Marcello Fasolino (che si costituirono parte civile), mentre l’episodio di istigazione alla corruzione fu commesso nei confronti nei confronti dell’ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica Lorenzo Borgogni. Secondo l’accusa, Papa promise agli imprenditori che avrebbe fornito loro informazioni riservate su indagini in corso, garantendo talvolta anche il suo interessamento per il buon esito delle vicende processuali, in cambio di denaro, soggiorni, oggetti di valore. E gli imprenditori credettero che Papa davvero potesse attivarsi in loro favore perché il politico si vantava di rapporti privilegiati con settori della Guardia di Finanza e della magistratura coltivati quando era magistrato. Queste conclusioni sono rimaste in piedi anche nel processo di secondo grado, con la differenza, però, che Papa non dovrà scontare alcuna condanna per via dell’intervenuta prescrizione dei reati.

Che il finale del processo di secondo grado sia stato questo, l’ha dovuto ribadire in un comunicato stampa la presidenza della Corte d’Appello di Napoli: un passaggio necessario a causa della confusione che si è generata in mattinata a seguito della pubblicazione di una versione distorta del contenuto del dispositivo. Tra agenzie di stampa e i maggiori siti di organi di informazioni, è passata infatti la versione secondo la quale Papa sarebbe stato assolto. Il che ha prodotto anche diversi interventi politici purtroppo non aderenti alla realtà dei fatti. Il senatore Francesco Giro, senatore di Forza Italia, ha – ad esempio – commentato: «Alfonso chi ti restituirà onore e dignità dopo dieci anni di tortura mediatico giudiziaria? Unico sollievo per me è che quando ti incontravo per strada io non volgevo lo sguardo altrove. Mai! La giustizia funziona ma è lentissima». Una dichiarazione resa nella convinzione, errata, che Papa è stato assolto. E’ caduto nell’errore anche Giorgio Mulè di Forza Italia: «Se un processo si trasforma in tragedia per la vita personale e professionale dell’imputato non è più giustizia ma altro. L’assoluzione di Alfonso Papa a dieci anni da un calvario che lo portò agli arresti, annullando la sua persona, conferma quanto sia malato un sistema giudiziario che attende vari lustri per accertare la verità. Lo stesso destino toccato a Calogero Mannino che da 25 anni subisce processi e assoluzioni».

Non meno incaute le dichiarazioni rilasciate alle agenzie di stampa dallo stesso Alfonso Papa, peraltro ben consapevole del finale del processo, che ha colto l’occasione per prendersela anche con ex deputati che diedero il via libera al suo arresto: «La riflessione è che si arriva ad accertare i fatti dopo 10 anni, si passa per realtà come la custodia cautelare in carcere che probabilmente a volte, forse, sono abusate e soprattutto si è passati per un passaggio parlamentare, in quanto io è vero sono stato messo in carcere dal Parlamento italiano e sono stato tirato fuori dal carcere prima dalla Cassazione e poi dal Tribunale di Napoli, successivamente, oggi, con questa pronuncia della Corte di Appello vi è stato l’accertamento della verità». Ma la verità accertata con la sentenza è che Papa non è stato assolto, bensì la prescrizione ha reso impossibile andare oltre.

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giovedì, 26 Settembre 2019 - 15:18
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