Mafia, decreto di fermo per Nicosia dei Radicali: «Definiva Messina Denaro primo ministro e disprezzava Falcone»

Antonello Nicosia, ex collaboratore della deputata Occhionero di Italia Viva

C’è anche il 48enne Antonello Nicosia, collaboratore della deputata Occhionero di Italia Viva, tra le cinque persone colpite stamattina da un decreto di fermo della Direzione distrettuale antimafia di Palermo nell’ambito di un’indagine, battezzata ‘Passepartout’, per mafia su una cosca di Sciacca, in provincia di Agrigento. Nicosia, membro del comitato nazionale dei Radicali italiani, è accusato di associazione di stampo mafioso.

E’ accusato, nello specifico, di avere veicolato messaggi provenienti da mafiosi detenuti nei penitenziari sparsi nella Penisola. Un ruolo che avrebbe ricoperto sfruttando appunto la sua attività nei Radicali italiani e di direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti, che lo portava ad effettuare numerose visite ispettive nelle carceri. In questo modo, incalzano i magistrati della Dda di Palermo, Nicosia sarebbe divenuto anche una persona di stretta fiducia del superlatitante Matteo Messina Denaro, da lui definito «il nostro primo ministro».

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Parole, queste ultime, captate grazie alle intercettazioni cui Nicosia era sottoposto. Al telefono discuteva animatamente del padrino di Castelvetrano. E invitava il suo interlocutore parlare con cautela di Messina Denaro. «Non devi parlare a matula (a vanvera, ndr)», diceva.
Nicosia, sostiene ancora la Dda, era poi in contatto diretto con il boss Accursio Dimino, scarcerato nel 2016 e detenuto anche al 41 bis, ritenuto molto vicino al defunto capomafia di Castelvetrano, Francesco Messina Denaro, padre di Matteo.

Le intercettazioni cui Nicosia era sottoposto hanno consentito alla Dda di cogliere anche giudizi sprezzanti sui giudici Giovanni Falcone e Paolo Falcone. Nicosia definiva i loro omicidio delle banali «morti sul lavoro», e riteneva fuori luogo l’avere intitolato ai giudici eroi l’aeroporto. «All’aeroporto bisogna cambiare il nome… Non va bene Falcone e Borsellino… Perché dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda… Sono vittime di un incidente sul lavoro, no?», dice Nicosia. «Ma poi quello la’ (Falcone, ndr) – proseguiva – non era manco magistrato quando e’ stato ammazzato… aveva già un incarico politico, non esercitava…».

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lunedì, 4 Novembre 2019 - 08:48
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