Processo Olimpo, il poliziotto ai giudici: «Greco non è intraneo ai clan ma è un loro riferimento, dialoga coi capicosca»

L'imprenditore stabiese Adolfo Greco
di Roberta Miele

«Adolfo Greco non è mai stato intraneo ai gruppi criminali, ma diventa una persona di riferimento e interloquisce con i capiclan. Di fatto gestisce gli ambienti criminali». Con parole durissime nei confronti dell’imprenditore stabiese l’ispettore Diego Albrizio, che dal settembre 2014 ha coordinato le indagini dell’inchiesta ‘Olimpo’, termina la sua testimonianza dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata.

Ci sono volute tre intere udienze per la conclusione del lungo esame e del successivo controesame dell’agente della squadra mobile di Napoli mandato al commissariato di Castellammare a sostegno dell’attività investigativa. L’inchiesta, sfociata in più filoni, ha portato al processo contro il patron della Cil Adolfo Greco, accusato di avere fatto da anello di congiunzione tra i malavitosi del circondario stabiese e alcune vittime nell’imposizione del ‘pizzo’. Insieme a lui sono imputati Luigi Di Martino ‘o profeta (a capo dei Cesarano), Michele e Raffaele Carolei (fratelli del ras Paolo, pure lui dei Cesarano), Attilio Di Somma e Umberto Cuomo, tutti esponenti (presunti o tali) della criminalità organizzata stabiese.

Secondo l’ispettore, Greco negli anni non ha mai cambiato atteggiamento nei confronti della criminalità organizzata. Con la differenza – ha chiarito il teste – che se in passato l’imprenditore ha avuto contatti con il ‘professore della Nco Raffaele Cutolo (fu condannato per favoreggiamento reale per l’intestazione fittizia del Castello Mediceo di Ottaviano, infine riabilitato), adesso si relaziona con i boss della camorra stabiese. «In nessuno di questi casi però c’è l’appartenenza al clan – continua Albrizio – Dal punto di vista criminologico dovremmo valutarlo come un imprenditore criminale». A dimostrare la valenza di Greco nel mondo camorristico, sarebbero – secondo l’investigatore – i modi con cui l’imprenditore ha ‘contrattato’ le estorsioni con i ras. A tal proposito l’ispettore cita l’incontro con Teresa Martone, vedova del boss D’Alessandro, che si è lamentata di come il figlio Pasquale, in carcere, si sentisse trascurato. Greco in quell’occasione, spiega Albrizio durante l’esame, «non soltanto dice che ha sempre pagato, ma dice che non devono manco pregarlo, perché lo fa indipendentemente dalle richieste».

Dinanzi al presidente del collegio Fernanda Iannone (a latere Silvia Paladino e Luisa Crasta), l’ispettore di polizia, incalzato dall’avvocato di Greco Vincenzo Maiello, motiva la mancanza di interventi per bloccare le estorsioni verificatesi durante le indagini, se non quando Aniello Falanga e Giovani Cesarano hanno riscosso dall’imprenditore una tangente di 4mila euro. In quel caso, gli agenti hanno fermato la macchina e recuperato il denaro. Le dinamiche, spiega, sono state comprese solo al termine delle attività investigative. «Non sempre si è riuscito a comprendere i soggetti presenti, soprattutto in alcuni locali. Non era chiaro – continua Albrizio – il contenuto significativo delle conversazioni perché il corso di tutta l’indagine è relativa più vicende che poi sono state spacchettate». Non c’era un iter logico da poter seguire: «Mentre ascoltavamo un fatto, dopo un’ora ne ascoltavamo un altro. In seguito abbiamo ricostruito i fatti. E – conclude – inviavamo alla procura solo le cose di cui eravamo certi».

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martedì, 19 Novembre 2019 - 21:49
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