L’alleanza stipulata con gli Esposito-Genidoni per fare fronte comune contro i Sequino. Poi la rottura del patto e la faida tra ex amici, scandita da ‘stese’ e sfregi, come il furto di uno scooter di uno dei rivali dall’autorimessa ove era parcheggiato. Sullo sfondo la gestione delle piazze di spaccio e il business delle estorsioni. Le estorsioni imposte ai commercianti a suon di minacce: «Natale è passato. Devi portare i soldi. Già ti sto facendo uno sconto… uno e cinque devi portare… poi vediamo».
L’inchiesta ‘Stella nera’ che stamattina è sfociata nell’esecuzione di 19 misure cautelari in carcere e una ai domiciliari fotografa quattro anni di malaffare nel rione Sanità di Napoli (dal 2013 al 2017), aggiungendo un nuovo tassello alle indagini che hanno già ricostruito lo scontro armato tra i Sequino e gli Esposito-Genidoni. Al centro dell’operazione, stavolta, ci sono i Mauro, c’è quella famiglia criminale – la cui influenza ricade nell’area cosiddetta ‘sopra ai miracoli’ – che avrebbe avuto ai vertici Ciro Mauro detto ‘Ciruzzo o milionario’ (soprannome condiviso con il boss di Secondigliano Paolo Di Lauro) e Biagio D’Alterio, chiamato ‘o fruttivendolo o più semplicemente ‘Gino’, mentre ad Assunta Chiaro (convivente di Mauro) era demandato il compiuto di portare la contabilità riferita ai proventi della droga. Una famiglia che negli anni dei grandi conflitti tra gli storici clan della Sanità avrebbe svolto un ruolo di appoggio in favore di questo o di quella cosca, a seconda di come soffiava il vento della convenienza. E così ritroviamo i Mauro dapprima alleati agli Esposito-Genidoni contro i Sequino, e successivamente i Mauro schierati contro gli Esposito-Genidoni, salvo poi tornare insieme. A dimostrazione del fatto che la camorra non ha codici d’onore ma segue solo logiche di opportunità per le quali si è disposti a fare pace col nemico in nome di soldi e affari. I soldi e gli affari, anche in questo caso, ruotano attorno alla droga e al pizzo imposto ai commercianti. Gli episodi oggetto di contestazione sono assai recenti: cadono quasi tutti nel 2017. Come le minacce rivolte ad una vittima di estorsione, dalla quale si pretendeva la somma di 20mila euro. A fronte delle resistenze della vittima, due esponenti del clan bloccarono l’uomo per strada e gli intimarono di recarsi da Ciro Mauro: «Ti vuole lo zio Ciro». E ‘lo zio Ciro’ non solo pretese l’immediato pagamento della somma ma gli fece anche capire che stava rischiando la vita: «Ringrazia a me che sei ancora vivo e non morto. Ci devi portare 20mila euro, poi dopo la consegna ti spiegherò il motivo di questa richiesta.. non chiedere aiuto a nessuno, perché nessuno ti può aiutare».
L’inchiesta poggia su centinaia di intercettazioni, dal tenore assai eloquente. «Tieni il pacchettino… Basta che è buona…», si sente dire in un’intercettazione del febbraio 2014 relativamente a una cessione di stupefacenti. «Dove sta il chilo e mezzo del ‘Pecchipp’?», è un’altra frase che si ferma sui nastri di registrazione degli inquirenti. E ancora: «Andò a prendersi cinque grammi di roba da lui..»; «Qual è questo fumo? E’ cattivo? E’ certa immondizia che dice deve smaltire… lo vuole smaltire…»; «Ci dobbiamo prendere cinquanta alla volta.. vogliamo fare i cinque ‘cosi’ a quello? Questa è buona, vedi?… è pressato». Gli episodi di smercio e detenzione di droga sono i più numerosi tra la rosa delle accuse mosse dalla Dda. Accuse tra le quali figura anche il reato di associazione di stampo mafioso. Puntellano le risultanze investigative le dichiarazioni dei pentiti, molti dei quali forniscono un quadro storico dell’ascesa criminale dei Mauro, che tornano a nuova vita nel marzo del 2013 quando il ras Ciro Mauro esce di prigione dopo avere scontato una condanna. (Sul quotidiano digitale di domani, accessibile su abbonamento, sarà realizzato un approfondimento sull’inchiesta)
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martedì, 26 Novembre 2019 - 16:26
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