Rigopiano, archiviate le posizioni di politici e funzionari: per il gip nel giorno della strage agirono correttamente

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Politici ed ex politici fuori dal processo sulla strage di Rigopiano. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara ha disposto l’archiviazione delle posizioni di ventidue indagati nell’inchiesta sul disastro dell’albergo in cui, il 18 gennaio del 2017, 29 persone morirono in seguito ad una valanga che travolse la struttura a Farindola.

Escono definitivamente dall’inchiesta tra gli altri gli ex presidenti della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, l’ex sottosegretario alla Giustizia Federica Chiavaroli e la funzionaria della Protezione Civile Tiziana Caputi. Ma le archiviazioni riguardano anche gli ex assessori alla Protezione civile Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante, Mario Mazzocca. Posizioni archiviate per l’ex vicepresidente della regione Abruzzo Enrico Paolini, l’ex direttore generale della regione Cristina Gerardis, i funzionari e dirigenti Giovanni Savini, Silvio Liberatore, Antonio Iovino, Vittorio Di Biase ed il responsabile del 118 Vincenzino Lupi. Solo per alcune ipotesi di reato archiviazione per l’ex prefetto Francesco Provolo, Andrea Marrone, Bruno Di Tommaso, legale rappresentantre della Gran Sasso resort & spa e per Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile. Daniela Acquaviva, la funzionaria della prefettura che al telefono con un ristoratore che segnalava la valanga minimizzò l’accaduto, ha ottenuto l’archiviazione ma resta imputata nel secondo procedimento, quello sul depistaggio.

Il gip Colantonio ha spiegato le archiviazioni  in 80 pagine di motivazioni, nelle quali tra le altre cose scrive che ai politici non fu indicata dai responsabili tecnici dell’ente «la necessità di procedere nel più breve tempo possibile, alla formazione di una Carta di localizzazione probabile delle valanghe (CLPV) estesa anche all’area del comprensorio di Farindola Rigopiano».  Con queste argomentazioni il gip del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, motiva l’archiviazione di ex governatori ed ex assessori alla Protezione civile in riferimento al filone dell’inchiesta riguardante la mancata realizzazione della Carta valanghe.     Il giudice poi osserva che «i politici (presidente di Regione e assessore delegato alla Protezione civile) che si sono succeduti nel governo della Regione Abruzzo, non possono ritenersi responsabili per non aver emanato, in tempo utile, i provvedimenti necessari per la formazione» di una Carta delle valanghe «che comprendesse anche l’area territoriale di Farindola Rigopiano quindi, deve prendersi atto che, sulla scorta delle priorità indicate dal Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e delle valanghe  (Coreneva), l’autorità politica aveva proceduto correttamente a valutare, in via preminente, le aree comprese nei bacini sciistici»  Per quanto riguarda l’ex governatore D’Alfonso e Mazzocca, il gip scrive che «anche ipotizzando che gli indagati avessero deciso, già dal primo giorno di attività dirigenziale presso la Regione Abruzzo, di procedere alla formazione di una Carta che comprendesse l’intero territorio, l’iter amministrativo attuativo non poteva essere completato prima dell’anno 2018» quindi in tempo utile per evitare la tragedia.  Il gip conclude che «la condotta dei prevenuti, di conseguenza, non può considerarsi omissiva e collegata al crollo della struttura alberghiera presente in Rigopiano».

Rispetto al presunto ritardo nella attivazione del Comitato operativo per le emergenze, il gip rivela che «D’Alfonso, effettivamente, partecipava alle attività del Core (Comitato Operativo per le Emergenze) coordinando le attività presso la Sala della Giunta della Provincia di Pescara nella riunione che veniva attivata dalle ore 15.30 del 18 gennaio 2017. In sostanza, può affermarsi che nessun inadempimento, o ritardo, può rivelarsi nella valutazione della tempistica di attivazione del Core da parte dei soggetti responsabili, in conseguenza del verificarsi degli eventi sismici del 18 gennaio 2017». «Approfondendo i termini della vicenda – prosegue il gip – peraltro occorre considerare che D’Alfonso, dichiarando formalmente lo stato di emergenza in data 12 gennaio 2017 (delibera di Giunta n.8), aveva implicitamente già autorizzato (ben cinque giorni prima della tragedia) il dirigente del servizio ad attivare il Core».

«Alla fine risulterà che la colpa è di chi stava nell’hotel – ha commentato  Alessio Feniello, il padre di Stefano, vittima della strage – Hanno archiviato le posizioni di chi ci aveva fatto credere che Stefano era sopravvissuto, uccidendolo due volte. E’ un colpo che fa molto male, ci sentiamo presi in giro».

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mercoledì, 4 Dicembre 2019 - 08:15
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