Rampa Nunziante, il notaio ai giudici: «Incontro per modificare prezzo di una casa dello stabile poche ore dopo il crollo»

di Roberta Miele

Mentre si scavava con le mani tra la polvere e macerie della palazzina di rampa Nunziante, crollata il 7 luglio 2017 portando alla morte di otto persone tra cui due bambini, l’avvocato penalista Massimo Lafranco e Gerardo Velotto (entrambi imputati) erano nello studio del notaio Domenico Di Liegro per modificare il prezzo del preliminare di vendita di uno degli appartamenti dell’edificio, passato da 376mila a 210mila euro. E il nome di Domenico Di Liegro, ascoltato ieri – mercoledì 11 dicembre – nell’Aula Siani del tribunale di Torre Annunziata al processo sulla strage di rampa Nunziante, rientra in un nuovo filone di indagini partite in seguito ad una denuncia proprio di Gerardo Velotto.

«Il giorno del crollo Lafranco e Velotto vennero al mio studio. Lafranco mi aveva fatto due chiamate, la prima verso le otto dicendomi “sta crollando il palazzo”. Abbiamo un rapporto di amicizia e non gli avevo creduto. La seconda intorno alle nove e mezza per chiedermi se sarei andato allo studio per cambiare il prezzo del contratto preliminare». Domenico Di Liegro è il notaio che ha rogato una serie di atti che riguardano la palazzina. A partire dal contratto preliminare del 20 luglio 2015 per la vendita dell’intero edificio (escluso il primo piano) da parte della famiglia Bongiovanni nei confronti di Marco Cuccurullo, Massimo Lafranco, Roberto Cuomo, Emilio Cirillo, Rosanna Vitiello, Ilaria Bonifacio e Aniello Manzo. Vendita non ostacolata dall’eventualità che l’immobile fosse abusivo. «Ricordo che mi fu dato un certificato di abitabilità risalente al 1959. La legge ci dà la possibilità di accettare una certificazione di atto notorio se l’edificio risale ad un periodo antecedente al primo settembre 1967. Il problema non riguarda la commerciabilità, ma eventualmente la conformità urbanistica. Il bene potrebbe essere abusivo, ma l’atto è ricevibile». Onere della parte venditrice, invece, è attestare la conformità catastale, anche affidandosi ad un tecnico di fiducia. «E la parte trasferente si è rimessa alla attestazione dell’architetto Massimiliano Bonzani».

Lo studio del notaio Di Liegro è stato coinvolto anche nella stipulazione del contratto preliminare risalente al 12 maggio 2017 tra il promittente venditore, Massimo Lafranco, e il promittente acquirente Gerardo Velotto. Non in qualità di pubblico ufficiale, spiega Di Liegro, perché si è trattato di una scrittura privata e non di un atto pubblico. In genere, «si è portati ad avere una consulenza dal notaio. Lafranco mi ha espresso la volontà di vendere e poiché avevo rogato gli atti precedenti, mi era facile redigere il preliminare». Sull’appartamento gravavano un’ipoteca giudiziale del 1995 e due pignoramenti, risalenti al 2010 e al 2014. «Rassicurai Velotto perché l’ipoteca era sono formale, in quanto vecchia di oltre vent’anni, mentre un pignoramento sarebbe stato cancellato». Incalzato dal pm Andreana Ambrosino, Domenico Di Liegro racconta dell’incontro di Lafranco e Velotto nel suo studio e della richiesta del cambio di prezzo. «Solo nei giorni successivi mi sono chiesto il motivo». Una settimana dopo, Domenico Di Liegro si è presentato in procura per raccontare l’accaduto al sostituto procuratore Silvio Pavia.

Nella stessa giornata il giudice Francesco Todisco ha ascoltato l’ingegnere Santolo Cirillo, consulente di parte della famiglia Cuccurullo, sulle cause del crollo. «Non concordo con l’ingegnere Augenti (il consulente tecnico del tribunale). La causa scatenante è stata la crisi dei puntelli a sostegno delle piattabande. Uno era particolarmente caritato». Per il consulente, quindi, hanno ceduto prima i puntelli e poi il maschio murario, non viceversa come sostenuto da Augenti in una delle udienze precedenti. «Il maschio murario aveva cominciato a deformarsi perché era stato ridotto, – spiega – ma i carichi erano sempre gli stessi. Il puntello cede perché ha una sua capacità di resistere, ma non è infinita. Quando cede, si piega». Tesi che, per Cirillo, è rafforzata dalla mancanza di testimonianze sui rumori che il cedimento avrebbe dovuto produrre nei giorni precedenti. «Se lo stato fessurativo era in atto, avrebbe sicuramente emesso rumori. – conclude – Di notte, quando non ci sono altri suoni, si sentono. Qualcuno di sicuro si sarebbe svegliato».

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giovedì, 12 Dicembre 2019 - 14:34
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