Bonafede cade sul reato doloso e colposo, avvocati furiosi: «Ci vergogniamo di lui» Lui si giustifica su Fb ma non convince

Alfonso Bonafede
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede

Dalle critiche all’ilarità il passo è stato breve. Da quasi 48 ore il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede è bersaglio di forti, e comprensibili, contestazioni da parte degli avvocati italiani e in modo particolare dei penalisti. Il Consiglio dell’Ordine di Palermo ha anche diffuso una nota nella quale si chiedono le dimissioni di Bonafede da ministro della Giustizia.

Tutto a causa di una ‘gaffe’ giuridica (per usare un eufemismo) che ha scandito l’intervento del Guardasigilli nel salotto televisivo ‘Porta a Porta’ di Bruno Vespa. Nell’affrontare ancora una volta il delicato tema della prescrizione e della riforma che ne blocca il corso a seguito della sentenza di primo grado (sia essa di assoluzione che di condanna), il ministro ha provato – a modo suo – a spiegare in che modo incide la prescrizione sul corso dei processi. E così ha osservato: «Quando per il reato non si riesce a dimostrare il dolo e quindi diventa un reato colposo ha termini di prescrizione molto più bassi». Da qui la rivolta, sui social (e non solo), degli avvocati italiani. Una rivolta vibrante per più ordini di ragioni: anzitutto perché l’affermazione è errata da un punto di vista tecnico-giuridico; in secondo luogo perché a commettere lo strafalcione è stato proprio il ministro della Giustizia; in terza battuta perché quel ministro è laureato in Giurisprudenza ed è anche avvocato, quindi almeno sulla carta dovrebbe possedere una conoscenza del Diritto maggiore rispetto ad altri suoi predecessori che non vantavano il suo stesso percorso di studi. Ed è proprio la circostanza che Bonafede sia un avvocato ad avere fatto infuriare i penalisti, che per la verità hanno spesse volte sottolineato le défaillance giuridiche (numerose) del Guardasigilli. La protesta si è estrinseca in più forme: dalla censura netta dell’affermazione del ministro, alla riscrittura (ironica) del Codice di procedura penale seguendo gli ‘originali’ principi di applicazione del dolo e della colpa indicati da Bonafede, fino ad arrivare alle foto di Codici ‘impiccati’. Sì, perché come ha osservato qualche avvocato sui social «Qui giace il codice penale ( quello di procedura già è defunto )».

In questo solco cade l’iniziativa del Coa di Palermo, che per ora è un atto isolato e che, per la verità, ha più una valenza simbolica che un reale potere. «L’avvocatura nutre il fondato timore – si legge nella nota diffusa dall’Ordine degli avvocati del capoluogo siciliano – che le riforme delle regole processuali e sostanziali, in ambito civile e penale, attualmente in discussione, siano quindi basate sulla errata percezione e conoscenza degli istituti giuridici (…) Le sue dichiarazioni ingenerano pericolosa confusione nell’opinione pubblica». Dopo l’iniziativa del Coa di Palermo, molti penalisti hanno sollecitato la necessità di una protesta di piazza o l’adesione di altri Coa all’atto firmato dagli avvocati palermitani. Certo, non basta una nota degli avvocati per provocare le dimissioni del ministro ma – come osserva una penalista napoletana – «è giusto che Bonafede sappia che gli avvocati si vergognano di lui».

Dal canto suo, nella giornata di oggi, Bonafede ha provato a giustificarsi, offrendo l’unica spiegazione possibile anche se poco convincente. Lo ha fatto ovviamente sulla sua pagina Facebook, chiudendo un post dal titolo «E’ un mese importante per i cittadini che pretendono una giustizia che funzioni». Nel post scriptum, dove il ministro (per fortuna) riconosce l’«oggettiva scorrettezza giuridica di una mia frase», Bonafede prova a giustificare la gaffe: «L’obiettivo era evidentemente quello di spiegare in maniera semplice ai cittadini le conseguenze (sulla prescrizione) della configurazione di una condotta in termini colposi o dolosi. D’altronde, ci sono da sempre interi processi che viaggiano sul confine tra dolo eventuale e colpa cosciente». Per carità, che un ministro si rivolga ai cittadini che non hanno gli strumenti per comprende il Diritto è lodevole. Ma la capacità di semplificazione non implica la distorsione di un tema. La capacità di semplificazione richiede invece una così profonda conoscenza e padronanza del tema da essere in grado di traslare delicati concetti con parole più alla porta di tutti.

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venerdì, 13 Dicembre 2019 - 14:27
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