Affidi illeciti, chiusa l’indagine per 26. La Cassazione: «Sbagliato l’obbligo di firma al sindaco di Bibbiano»

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L’inchiesta ‘Angeli e Demoni’ sui presunti affidi illeciti nella Val d’Enza è chiusa e, dunque, prossima ad approdare in un’aula di Tribunale, ma le polemiche attorno ad essa continuano ad infiammare il dibattito politico. I carabinieri di Reggio Emilia hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a 26 persone, incluso il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti. E proprio in riferimento alla posizione di Carletti sono state depositate nella mattinata di oggi le motivazioni della decisione della Cassazione con quale si annullava senza rinvio la misura cautelare.

Per i supremi giudici Carletti non doveva essere raggiunto dalla misura dell’obbligo di firma e questo perché vi era «l’inesistenza di concreti comportamenti» di inquinamento probatorio e la mancanza di ‘elementi concreti’ di reiterazione dei reati. Per gli ermellini infatti il Riesame «ha contraddittoriamente ravvisato una possibile influenza sulle persone a lui vicine nell’ambito politico amministrativo per poi inferirne, astrattamente e in assenza di specifici elementi di collegamento storico-fattuale con la fase procedimentale in atto, il pericolo di possibili ripercussioni sulle indagini». Tutto «senza spiegare se vi siano, e come in concreto risultino declinabili, le ragioni dell’ipotizzata interferenza con il regolare svolgimento di attività investigative ormai da tempo avviate». Nelle motivazioni, tuttavia, si tiene conto dell’esistenza di elementi di gravità indiziaria.

Carletti è accusato di abuso d’ufficio e falso: secondo l’accusa «avrebbe dovuto seguire i rigorosi criteri di trasparenza e pubblicità previsti in argomento dal D.LGS 50/2016 nonché dalle connesse linee guida nr 4/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione: per quanto attiene agli appalti sotto soglia di € 40.000,00 anche mediante affidamento diretto da effettuarsi con provvedimento adeguatamente motivato e che tenga conto dei principi generali in tema di ‘buon andamento della pubblica amministrazione’, di rotazione, di pubblicità, trasparenza e libertà di concorrenza».

Complessivamente, nell’avviso di chiusura indagini, sono ben 108 sono i capi di imputazione contestati dalla Procura reggiana: a vario titolo sono contestati i reati di peculato d’uso, abuso d’ufficio, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, falsa perizia anche attraverso l’altrui inganno, frode processuale, depistaggio, rivelazioni di segreto in procedimento penale, falso ideologico in atto pubblico, maltrattamenti in famiglia, violenza privata, lesioni dolose gravissime, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Ora gli indagati avranno 20 giorni di tempo per essere interrogati o produrre memorie e poi la procura deciderà se procedere con le richieste di rinvio a giudizio.

Nell’atto d’accusa la procura rileva che «la massiccia attività istruttoria svolta successivamente all’esecuzione delle misure cautelari, attraverso l’escussione di ulteriori persone informate sui fatti, le nuove consulenze tecniche svolte, gli interrogatori resi da alcuni degli indagati, appositamente corroborati da mirati riscontri e, non da ultimi, l’analisi del materiale informatico e documentale in sequestro anche a seguito di alcune udienze davanti al gip e in contraddittorio tra le parti» ha consentito «non solo di confermare le ipotesi accusatorie già riconosciute dal gip in fase cautelare», di «integrare il quadro probatorio in relazione a talune non riuscirete dal gip stesso in fase di emissione di misure anche di individuare nuove fattispecie».

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martedì, 14 Gennaio 2020 - 18:20
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