Processo ‘Olimpo’: ai raggi x i rapporti di Adolfo Greco con le cosche stabiesi, scontro in aula sulla parola ‘summit’

L'imprenditore stabiese Adolfo Greco
di Roberta Miele

«Per consigli o per confronti»: la (ipotizzata) connivenza dell’imprenditore Adolfo Greco con i clan di Castellammare di Stabia, a dire del soprintendente della polizia di Stato Nunzio Viscardi, è attestata dai «buoni rapporti» intercorrenti tra ‘don Adolfo’ e gli esponenti della criminalità stabiese.

Il teste, che ha partecipato all’inchiesta ‘Olimpo’ e che ieri (martedì 21 gennaio) è stato ascoltato dai giudici del Tribunale di Torre Annunziata, ha ripercorso le relazioni dell’imprenditore Adolfo Greco, imputato insieme a Luigi Di Martino ‘o profeta (a capo dei Cesarano), Michele e Raffaele Carolei (fratelli del ras Paolo, pure lui dei Cesarano), Attilio Di Somma e Umberto Cuomo. Viscardi ha passato in rassegna le conoscenze di Adolfo Greco, che da ottobre rinuncia a comparire in videoconferenza dal carcere. A partire da Vincenzo D’Apice, ras dei Cesarano, attualmente detenuto in prigione. «La moglie di D’Apice ha chiesto a Greco un posto per la figlia. La richiesta viene evasa e la ragazza assunta». Rapporti amichevoli anche con o’ profeta, «con cui Greco si conosceva da tempo».

Ma Adolfo Greco, per il poliziotto, dava anche consigli per meglio incassare il ‘pizzo’. «Sei stato vent’anni in galera»: ha detto Adolfo Greco a Raffaele Afeltra durante un incontro alla Cil. «Le persone si devono gestire. Non si chiedono tanti soldi tutti insieme. Già te l’ho mandato per 5mila euro». Il riferimento è all’imprenditore caseario Giuseppe Imperati, a cui il boss aveva chiesto un obolo di 50mila euro. Somma ridotta a 12mila euro, ha raccontato il teste, per l’intervento di Adolfo Greco, a sua volta vittima di estorsione da parte di «Giovanni Cesarano, Luigi Di Martino, Aniello Falanga».

Adolfo Greco, quando era indagato, non ha incontrato solo i personaggi coinvolti in questo processo dove lui risponde di estorsione aggravata dalla matrice camorristica perché avrebbe fatto da anello di collegamento tra le vittime del ‘pizzo’ e chi doveva imporre le estorsioni. Le vicende si intrecciano e tra i nomi citati da Viscardi ci sono anche i fratelli Capaldo, Filippo e Nicola, nipoti del boss dei Casalesi Michele Zagaria. Entrambi sono coinvolti nell’inchiesta che lo scorso 15 gennaio è culminata nell’arresto di Greco, insieme ad altre sei persone, per concorso esterno in associazione di stampo mafioso per avere favorito i Casalesi. L’ordinanza di custodia cautelare ha bloccato la scarcerazione dell’imprenditore, detenuto nel penitenziario di Secondigliano dal 5 dicembre 2018, decisa il giorno prima dal tribunale oplontino per incompatibilità dello stato di salute con il regime carcerario. La misura cautelare, firmata dal gip Leda Rossetti, è stato depositata al Tribunale dal pm antimafia Giuseppe Cimmarotta e, nonostante l’opposizione della difesa, è stata acquisita dai giudici. La nuova contestazione, per l’avvocato Vincenzo Maiello, «non ha connessione di carattere probatorio con questo processo, se non quello di costruire un giudizio sulla personalità» di Adolfo Greco.

Durante la deposizione, Viscardi ha anche disegnato un quadro della geografia criminale stabiese. Un tratteggio della spartizione del territorio tra i clan ‘rivali’, che pacificamente coltivano i propri interessi criminali grazie a un «patto di non belligeranza».  «Il centro della città era nelle mani dei D’Alessandro. Il clan Cesarano era della zona nord di Castellammare e toccava anche parte di Pompei e di Santa Maria la Carità per il mercato dei fiori. I Cesarano si sono sempre occupati di traffico stupefacenti, estorsioni, usura». A delimitare le due aree di appartenenza il passaggio a livello di via Tavernola. Sui monti Lattari invece domina il clan Afeltra-Di Martino. Tra D’Alessandro e Cesarano, ha spiegato Viscardi, non c’era una collaborazione, «ma ognuno rimaneva nel suo territorio».

Circostanza che, per il poliziotto, non esclude la possibilità per i Cesarano di chiedere il pizzo nell’area di competenza dei D’Alessandro, così come accaduto nel caso dell’attentato al supermercato Sole 365, di cui o’ profeta è ritenuto il mandante. «Se Apuzzo (il gestore del negozio) non aveva provveduto all’obolo, i Cesarano avevano margine di azione anche se l’area era D’Alessandro. Se fosse avvenuto il contrario, i Cesarano avrebbero dato il consenso».

Sul finire dell’udienza, Viscardi ha tentato di incasellare gli incontri avvenuti tra Adolfo Greco e i vari esponenti della criminalità, dando, tra l’altro, una propria definizione di ‘summit’: «un colloquio, con finalità decisionali, tra camorristi armati». Di qui lo scontro tra accusa e difesa. Per il pm Cimmarotta Greco partecipava a dei summit, per gli avvocati difensori Ettore Stravino e Maiello si trattava di «incontri estorsivi». A mettere un punto è stata la presidente del collegio giudicante Fernanda Iannone. «Per ‘summit’ si intende un incontro al vertice. Ritiene che Adolfo Greco abbia preso parte a degli incontri al vertice?». «No»: la risposta di Nunzio Viscardi.

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mercoledì, 22 Gennaio 2020 - 13:04
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