Giustizia, Riello e de Carolis di Prossedì: «Inutile fissare tempi rigidi ai processi, servono interventi mirati sugli organici»

La conferenza stampa che anticipa la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario a Napoli
di Manuela Galletta

Non è bloccando il corso della prescrizione né stabilendo tempi rigidi per la definizione dei processi che si riuscirà a curare la malattia della lentezza processuale di cui la Giustizia italiana soffre da sempre. La sola cura efficace che va somministrata è coprire gli organici, gravemente sottodimensionati in mezza Italia, seguendo però un criterio non orizzontale ma specifico per ciascun distretto di Corte d’Appello.

Il procuratore generale di Napoli Luigi Riello e il presidente della Corte d’Appello di Napoli Giuseppe de Carolis di Prossedì indicano la strada nel corso della tradizionale conferenza stampa che anticipa la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario che, per il distretto partenopeo, si terrà nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino sabato primo febbraio. E, per delineare la tipologia di interventi necessari a garantire la ragionevole durata dei processi, partono da scenari di sfascio di concreti. «Ogni anno in Corte d’Appello arrivano 13mila procedimenti, e noi riusciamo a smaltirne circa 9mila. Questo accade perché la Corte d’Appello è per un’oggettiva carenza di magistrati un collo di bottiglia», dice de Carolis di Prossedì. La Corte d’Appello di Napoli è infatti chiamata a ricevere i procedimenti che arrivano da 45 gip (sentenze col rito abbreviato) di Napoli, da undici sezioni (dibattimentali) del Tribunale di Napoli (quasi ogni sezione ha tre diversi collegi), i procedimenti che arrivano dai dibattimenti o dai gip di Torre Annunziata, Nola, Avellino, Napoli Nord e Santa Maria Capua Vetere. Non servono i numeri per capire che la Corte d’Appello è condannata ad una ‘sofferenza’ costante.

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A ciò si aggiunga che l’organico è sottodimensionato: «Mancano 16 magistrati in Corte d’Appello rispetto alla pianta organica piena» e  vi è pure «un turn over spaventoso a cui non corrisponde un turn over in entrata», puntualizza Giuseppe de Carolis di Prossedì. Il risultato è che attualmente «vi sono 54mila procedimenti in Appello pendenti». Ecco, dunque che la soluzione è intervenire in maniera «strategica» tenendo conto delle tipicità delle singole realtà. «Qui si lavora moltissimo, l’idea di magistrati che non lavorano è smentita dai dati – osserva Riello – Vengono fatti degli sforzi eroici. Ma il problema è che quando si aumenta l’organico, l’aumento non avviene in termini strategici. Ci vuole razionalizzazione. Non si può aumentare l’organico sia del dibattimento che della Corte d’Appello, perché aumentando l’organico del dibattimento inevitabilmente si produrranno sempre più procedimenti e la Corte d’Appello sarà sempre un imbuto».

Né è pensabile, in questo scenario, applicare un rigido schema dei tempi di definizione dei processi, come invece vorrebbe si facesse il ministro della Giustizia Bonafede, il quale, nell’ultima bozza della riforma del processo penale, ha indicato una durata massima di 4 anni per chiudere i tre gradi di giudizio. «Stabilire un tempo per la durata dei processi è un esercizio inutile se mancano le risorse o se le risorse non sono adeguatamente distribuite – spiega il presidente della Corte d’Appello De Carolis di Prossedì – L’idea che per legge un processo debba durare un certo tempo per velocizzare il processo, significa limitare le garanzie processuali. Il processo serve per garantire una decisione giusta. Se io accelero riducendo le garanzie, si ha il rischio di sentenze ingiuste».

Non solo: un altro rischio che si corre è che per trattare velocemente un processo, soprattutto se complesso, si lasceranno indietro molti altri casi. «Se io faccio processi più complessi, come ad esempio i maxi-processi di camorra – insiste il presidente della Corte d’Appello – ne riesco a fare meno». Sulla stessa linea il procuratore generale Luigi Riello, che aggiunge: «Imporre un tempo specifico per la definizione di un processo sembra più una sorta di punizione per i magistrati». (Sull’edizione di domani del quotidiano digitale, disponibile su abbonamento, saranno sviluppati altri approfondimenti relativi al trend dei reati, le ‘sofferenze’ degli uffici giudiziari e la crisi etica nel mondo della magistratura)

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giovedì, 30 Gennaio 2020 - 15:50
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