Alma, la procura chiede 7 condanne per la maxi-evasione fiscale ma il gip riapre il processo: due nodi da sciogliere

L'imprenditore Luigi Scavone al centro dell'inchiesta della procura di Napoli per maxi-frode fiscale

I pubblici ministeri Sergio Raimondi e Mariasofia Cozza avevano tirato le loro conclusioni, chiedendo la condanna dei sette imputati a pene che oscillano tra i 3 anni e i 10 anni e 8 mesi. Ma, a gran sorpresa, il giudice per le indagini preliminari Anna Tirone del Tribunale di Napoli ha deciso che il processo (con rito abbreviato) va riaperto perché le indagini che hanno travolto la società di lavoro ‘Alma Spa’ e l’imprenditore Luigi Scavone (noto a Napoli per avere donato fondi per la realizzazione di un intero padiglione all’interno del Secondo Policlinico di Napoli destinato allo studio e alla cura delle malattie rare dei bambini) presentano due ‘vuoti’ che vanno necessariamente colmati per potere giungere ad una sentenza. Un inciso: il processo verte su una contestata frode fiscale che si sarebbe consumata non pagando le imposte, i contributi previdenziali e assistenziali dei dipendenti attraverso una compensazione con crediti tributari fittizi.

I nodi irrisolti a parere del gip – che dopo essersi ritirato in camera di consiglio ha letto un’ordinanza anziché l’attesa sentenza – riguardano anzitutto l’ammontare delle somme che sarebbero state evase: nella fase iniziale delle indagini, la procura aveva quantificato l’importo in 90 milioni; successivamente la procura – cavalcando il contenuto di più approfondite indagini – ha concluso che le somme evase sono pari a 200 milioni. Il secondo nodo, invece, riguarda un aspetto, tecnico-giuridico, che andrebbe ad incidere sulla qualificazione dei reati e dunque sull’entità della pena: il gip ritiene necessario capire a quanto ammontano le compensazioni tributarie illecite e a quanto quelle previdenziali, questo perché, nel secondo caso, non è configurabile alcun reato come recitano alcune sentenza della Cassazione. Per sciogliere questi nodi, il gip ha disposto la nomina di un perito che dovrà essere convocato la prossima udienza e dovrà prendere possesso dell’incarico.

La decisione del gip Anna Tirone ha tenuto conto dei rilievi mossi dal collegio difensivo durante le discussioni (avvocati Arturo Frojo, Maurizio Noviello, Bruno Cervone, Alfonso Furgiuele e Pasquale Coppola). E pensare che il procedimento viene da un giudizio immediato: un gip ha cioè ritenuto, in linea con la richiesta della procura, che vi fossero elementi certi a sostegno dall’accusa tali da potere bypassare l’udienza preliminare. A seguito della notifica del giudizio immediato, gli imputati hanno poi chiesto il rito abbreviato comparendo dinanzi al gip Tirone. L’ordinanza del gip congela, dunque, le richieste di condanna che la procura aveva formulato. Richieste peraltro severissime, se si considera che esse cadono in un processo che si sta definendo con la modalità del rito abbreviato, formula che prevede lo sconto di un terzo della pena.

La richiesta di condanna più alta è stata formulata per Luigi Scavone (attualmente ai domiciliari) e per Francesco Barbarino: proposti 10 anni e 8 mesi di reclusione a testa. Cinque anni sono stati chiesti per Francesco Marconi, considerato un prestanome (risulta come rappresentante legale di diritto della Alma e di altre società del gruppo beneficiarie di indebite compensazioni); 9 anni sono stati proposti per Carmine Franco, consulente del lavoro di Alma, abilitato all’inoltro telematico della quasi totalità degli ‘F24’ fraudolenti; 4 anni per Stefano Paoloni, direttore di amministrazione, finanza e controllo di Alma. Pene lievemente inferiori sono state, infine, proposte per Marco Erhard, collaboratore di Carmine Franco e tenutario della contabilità delle società ‘cartiere’, e per Pietro Di Monda, consulente fiscale del lavoro, responsabile dell’inoltro telematico delle dichiarazioni Iva delle ‘cartiere’ e degli F24 fraudolenti.

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lunedì, 3 Febbraio 2020 - 19:19
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